SAN TOMMASO D'AQUINO (1225 – 1274)

Studi ricerche e approfondimenti

Avv. Carmine Alvino


 

TOMMASO D'AQUINO

(1225 – 1274)

Tommaso d'Aquino è stato un religioso, teologo e filosofo italiano.

Frate domenicano, principale esponente della Scolastica, era definito Doctor Angelicus già dai suoi contemporanei.

È venerato come santo dalla Chiesa cattolica, che dal 1567 lo considera anche dottore della Chiesa.

S. Tommaso, passa però agli onori delle nostre cronache per aver eliminato i Sette Arcangeli dalla liturgia cristiana causa di un incredibile “Error in Iudicando” compiuto sulle opere del c.d. pseudo Dionigi!

L’aver scambiato e confuso per tanti secoli lo pseudo – Dionigi per il vero Dionigi, ha determinato un errore liturgico, dottrinario ed esegetico gravissimo e decisivo, che ha offuscato e ottenebrato per secoli la mente di Santi, Dottori, Mistici, Veggenti ed ecclesiastici cristiani, di ogni epoca ed estrazione !

- Ciò anche perché: Pseudo - Diongi e  Tommaso, possono infatti ritenersi i grandi propugnatori, creatori ed ideatori della Angelologia classica degli Angeli!

  • Essi hanno strutturato l’insieme delle intelligenze celesti all’interno di un sistema rigido dove l’illuminazione divina gioca un ruolo fondamentale ai fini della progressione della purità e giustezza del messaggio.  
  • Anzi Tommaso è andato pure oltre,  colmando le lacune del sistema dionisiano, e proponendo a sua volta nuove idee, nuove riflessioni, che serviranno per rendere conforme e congruente la sistemazione di pseudo - Dionigi nei punti in cui essa era lacunosa e carente. 
  •  Tommaso pensava a pseudo -  Dionigi come il vero Santo Ateniese, e per questo prese le sue parole come “oro colato”.
  • Specificò enormemente la sua Gerarchia Celeste,  trattando le teorie ivi contenute come scrittura sacra coperta da inerranza.
  • Non è un caso che, come scrive l’autore e saggista Carmelo Pandolfi : « Tommaso nelle sue opere cita esplicitamente l’ Aeropagita 1700 volte» ,manco fosse Nostro Signore, Gesù Cristo!,  Cioè lo cita più della Sacra Scrittura stessa. Questo costituisce qualcosa di davvero inimmaginabile e sbalorditivo , tanto che, come osserva anche Fausto Sbaffoni, richiamando a sua volta un’espressione di Cornelio Fabro:« È  un fatto indiscusso e indiscutibile che l'opera dello pseudo Dionigi Areopagita occupa nel pensiero di S. Tommaso un posto di prim’ ordine. Il suo influsso nell’opera tommasiana eguaglia, e in alcuni problemi supera, quello di Sant’Agostino medesimo…soltanto un primo, rapido esame della frequenza con cui Dionigi viene da Tommaso  citato basterebbe  a mostrare indubitabilmente   come , in fatto di angelologia egli rappresenti l’autorità massima da anteporre a tutti i dottori. Innumerevoli sono gli articoli in cui  le affermazioni e i principi di Dionigi  forniscono l’argomento in contrario. A volte l’ Aeropagita è chiamato a dire l’ultima parola nei contrasti tra le discordanti sentenze delle diverse autorità ».
  • La convinzione che l’autore del corpus dionisiano  fosse quel Dionigi Aeropagita convertito da San Paolo nell’Aeropago di Atene ha giocato un ruolo fondamentale nell’ attribuzione di questo posto così eminente.
  • L’aquinate cita pseudo -  Dionigi come autore Santo e allega la sua opera come scrittura sacra ispirata da Dio!
  • Basa i suoi interi ragionamenti su pseudo - Dionigi, scarta le altrui contrarie opinioni e reinterpreta il Testo Sacro, sulla falsa direttiva filosofica di Proclo e degli oracoli sciamanici, magici e teurgici, senza avvedersene!!!

San Tommaso, nella sua teologia sugli Angeli, non solo attinge a piene mani dal testo dello pseudo – Dionigi, ma presenta la sua impostazione , gnostica e teurgica, come se si trattasse di rivelazione Mistico – Ascetica, ricevuta da Cristo, fondando su di essa quella che sarà la base costitutiva e conoscitiva di tutta la dottrina cattolica degli Angeli, ancora oggi sussistente.

  • Ed in ciò cristallizzerà in modo definitivo l’opera di questo autore, provocandone la sua intangibilità e inattaccabilità per oltre 1000 anni.
  • In primo luogo, si serve del pensiero di pseudo - Dionigi, interamente considerato, nella sua :

QUESTIONE 108 , della parte prima, della Somma Teologica, denominato:  «L'ordinamento degli Angeli in Gerarchie e Ordini» costituita di 8 articoli,  in cui riproduce in tutto e per tutto la costruzione triadica e novenaria dello pseudo – Dionigi.

  • Pone pseudo – Dionigi, come base del suo ragionamento, lo utilizza come strumento per le sue risposte, e lo invoca nelle sue conclusioni.
  • Utilizza pseudo – Dionigi come modello per le nomenclature degli ordini Angelici, specificandone numero, funzioni e proprietà, apoditticamente e icasticamente, proprio sulla scorta della Celeste Gerarchia, ponendo pseudo – Dionigi sullo stesso piano della fonte biblica, allegando le sue parole  come equipollenti a quelle dei Padri della Chiesa e dei mistici e teologi cristiani, e in generale portando lo stesso pseudo – Dionigi come maestro di sentenze la cui autorità è in grado di sovvertire il senso della Sacra Scrittura.
  • Per far ciò porremo le citazioni di pseudo  - Dionigi in evidenza e il lettore potrà sincerarsi così che quelle che seguono sono meramente costruzioni intellettuali sorte sulla base di  un testo magico e sciamanico e dunque prive del benché minimo fondamento religioso cristiano:

SOMMA TEOLOGICA - PARTE PRIMA – QUESTIONE 108 : L'ordinamento degli angeli in gerarchie e ordini

 

ARTICOLO 1 - SE TUTTI GLI ANGELI COSTITUISCANO UNA SOLA GERARCHIA

Sembra che tutti gli angeli costituiscano una sola gerarchia. Infatti:
1. Essendo gli angeli le creature supreme, bisogna ritenere che il loro ordinamento sia ottimo.  Ma ottimo è l'ordinamento della moltitudine che sottostà a un principato unico, come dimostra il Filosofo [Met. 12, 10; Polit. 3, 4]. Non essendo dunque la gerarchia altro che un sacro principato, sembra evidente che tutti gli angeli costituiscano una sola gerarchia.
2. Dionigi [De cael. hier. 3, 1] insegna che "la  gerarchia è un ordinamento, una conoscenza e un atto". Ma tutti gli angeli convengono nell'essere ordinati a Dio, che essi conoscono e da cui sono regolati nelle loro azioni. Quindi tutti gli angeli appartengono a una sola gerarchia.

3. Il sacro principato, chiamato gerarchia, si trova ugualmente negli uomini come negli angeli.  Ma tutti gli uomini appartengono a una sola gerarchia. Quindi anche gli angeli appartengono a una sola gerarchia.

In contrario:

Dionigi [De cael. hier. 6, 2] distingue tre gerarchie di angeli.

Rispondo:

La gerarchia, come si è detto [ob. 1], è un sacro principato.
Ma il termine principato sta a indicare sia il principe, sia la moltitudine ordinata sotto di lui.  Poiché dunque l'unico principe è Dio, il quale è il capo non solamente di tutti gli angeli, ma altresì degli uomini e di tutto il creato, ne segue che una sola è pure la gerarchia non solo di tutti gli angeli, ma anche di tutte le creature razionali, atte a partecipare le cose sante, come si può capire dalle espressioni di S. Agostino [De civ. Dei 12, 1], che parla di "due città o società, l'una degli angeli e degli uomini buoni, l'altra dei cattivi".  Se invece consideriamo il principato in rapporto alla moltitudine ordinata sotto il principe, allora si può parlare di un solo principato quando la moltitudine può essere governata con un unico e identico regime.
Le cose invece che non possono sottostare a un unico e identico regime appartengono a principati distinti: infatti sotto un medesimo re si possono trovare città diverse, governate da leggi e da magistrati differenti.
Ora, è evidente che gli uomini percepiscono le illuminazioni divine in maniera differente dagli angeli: mentre infatti gli angeli le percepiscono nella loro pura intelligibilità, gli uomini le percepiscono attraverso immagini sensibili, come insegna Dionigi [De cael. hier. 1, 2].  Quindi era bene distinguere la gerarchia umana da quella angelica.  E in base allo stesso criterio anche negli angeli si distinguono tre gerarchie.  Nel trattare infatti della conoscenza degli angeli si disse [q. 55, a. 3] che i superiori hanno una conoscenza della verità più universale di quella degli angeli inferiori.  Ora, una tale universalità di conoscenza può essere distinta in tre gradi.  Infatti le nozioni delle cose intorno a cui gli angeli vengono illuminati possono essere considerate da tre punti di vista.  Primo, in quanto emanano dal primo principio universale che è Dio: e questo modo di conoscere compete alla prima gerarchia che si trova a contatto immediato con Dio, e "quasi dimora nei vestiboli della Divinità", come dice Dionigi [De cael. hier. 7, 2].  Secondo, in quanto tali nozioni dipendono dalle cause universali create, che includono già una certa molteplicità: e questo modo di conoscere conviene alla seconda gerarchia.  Terzo, in quanto tali nozioni vengono applicate alle singole cose, e in quanto dipendono dalle loro cause particolari: e questo modo di conoscere conviene alla gerarchia infima.  Ma tutto ciò sarà messo in piena luce quando tratteremo dei singoli ordini [a. 6]. Così dunque si distinguono le gerarchie in rapporto alla moltitudine governata.  Sbagliano perciò manifestamente, e vanno contro il pensiero di Dionigi, quanti pongono nelle Persone divine una gerarchia da essi denominata sopraceleste.  Infatti tra le Persone divine vi è ordine di natura, ma non di gerarchia. Secondo l'insegnamento di Dionigi infatti [De cael. hier. 3, 2] "l'ordine di gerarchia fa sì che mentre gli uni sono purificati, illuminati e perfezionati, gli altri invece purifichino, illuminino e perfezionino".  Ma non sia mai che si pensi tutto ciò delle Persone divine.

Soluzione delle difficoltà:

1. L'argomento vale per il principato considerato in rapporto al principe: infatti, come intende provare il Filosofo nei passi citati, è cosa ottima per la moltitudine essere governata da un unico principe.

2. In rapporto alla conoscenza immediata di Dio, che tutti vedono allo stesso modo, cioè per essenza, non si distinguono gerarchie negli angeli: queste invece si distinguono, come è stato detto [nel corpo], in rapporto alle nozioni delle realtà create.

3. Gli uomini appartengono tutti alla medesima specie, e una sola è la maniera di conoscere ad essi connaturale; non così invece negli angeli. Quindi il confronto non regge

 

ARTICOLO 2 - SE IN UNA GERARCHIA VI SIANO PIÙ ORDINI

Sembra che in una gerarchia non vi siano più ordini. Infatti:
1. Le suddivisioni di un termine che serve a definire suddividono anche il termine definito.

Ma la gerarchia, al dire di Dionigi [De cael. hier. 3, 2], è un ordine. Se quindi vi sono molti ordini, non vi sarà una sola gerarchia, ma molte.
2. Ordini diversi sono gradi diversi. Ora, nel mondo degli spiriti i gradi sono stabiliti in base ai diversi doni spirituali.  Ma negli angeli tutti i doni spirituali sono comuni, poiché "nulla tra essi è partecipato con esclusività" [P. Lomb., Sent. 2, 9]. Quindi non vi sono diversi ordini di angeli.

3. Nella gerarchia ecclesiastica gli ordini si distinguono in base alle tre funzioni: purificare, illuminare e perfezionare; poiché, come dice Dionigi [De eccl. hier. 5, 2], l'ordine dei Diaconi purifica, l'ordine dei Sacerdoti illumina e l'ordine dei Vescovi perfeziona.  Ma ogni angelo purifica, illumina e perfeziona. Quindi non si dà distinzione di ordini negli angeli.

In contrario: Scrive l'Apostolo [Ef 1, 21] che Dio costituì Cristo uomo sopra ogni Principato e Potestà e Virtù e Dominazione; e questi sono ordini diversi di angeli, alcuni dei quali appartengono alla medesima gerarchia, come si vedrà in seguito [a. 6].

Rispondo:
Secondo quanto si è detto [a. 1], una gerarchia costituisce un unico principato, vale a dire una sola moltitudine ordinata con un solo regime, sotto il governo di un solo principe.  Ora, una moltitudine non sarebbe ordinata, ma confusa, se in essa non vi fossero diversi ordini.  Quindi il concetto stesso di gerarchia esige una diversità di ordini. E questa diversità di ordini si fonda sulla diversità degli uffici e delle attività.  Come avviene anche nella società civile, dove troviamo diversi ordini in base alle diverse attività: altro è infatti l'ordine dei magistrati, altro quello dei militari e altro quello degli agricoltori, e via dicendo.  Ma sebbene gli ordini civili siano molti, essi nondimeno possono ridursi tutti a tre, considerando che ogni comunità perfetta presenta un principio, un termine medio e un fine.  Cosicché in qualsiasi stato o città si riscontra un triplice ordine di persone: vi sono infatti quelle di grado più elevato, come i patrizi, altre di grado infimo, come il popolo minuto, altre di grado intermedio, come la classe media.  Così dunque si possono distinguere gli ordini anche in ciascuna gerarchia angelica in base alle attività e alle funzioni [degli angeli]; e tutta questa diversità si riduce ai tre gradi: supremo, medio e infimo. E questa è la ragione per cui Dionigi [De cael. hier. 6 ss.] pone tre ordini in ciascuna gerarchia.

Soluzione delle difficoltà:

1. Il termine "ordine" ha due accezioni. 

La prima [generica] indica tutto l'ordinamento che abbraccia sotto di sé diversi gradi: e secondo tale accezione si dice che la gerarchia è un ordine.
La seconda indica un solo grado: e secondo questa accezione si dice che esistono più ordini in una medesima gerarchia.

2. Nella società angelica tutto è posseduto in comune, ma alcuni doni sono posseduti in modo più eccellente dagli uni che dagli altri.  Infatti qualunque cosa sarà sempre posseduta più perfettamente da chi può comunicarla piuttosto che da chi non lo può: come, p. es., un corpo capace di riscaldare sarà più caldo di un corpo caldo ma senza questa capacità, e chi può anche insegnare sarà più dotto di chi invece non ne è ancora capace.
E quanto più perfetto è il dono che uno può comunicare, tanto più perfetto è il grado in cui egli si trova: come si trova in un grado superiore di insegnamento chi è capace di insegnare una scienza più alta.
Ora, la diversità di gradi o di ordini negli angeli va considerata, secondo questa analogia, in base alla diversità dei loro uffici e funzioni.
3. L'infimo angelo è sempre superiore all'uomo più elevato della nostra gerarchia, secondo quel detto evangelico [Mt 11, 11]: "Il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui", cioè di Giovanni Battista, del quale "tra i nati di donna nessuno è sorto di più grande".  Per conseguenza l'infimo angelo della gerarchia celeste può non soltanto purificare, ma anche illuminare e perfezionare, e in un modo più alto di quanto non facciano gli ordini della nostra gerarchia.  E così gli ordini celesti non si distinguono in base alla distinzione di queste funzioni, ma in base ad altre differenze della loro attività

 

ARTICOLO 3 - SE IN UN ORDINE VI SIANO PIÙ ANGELI

Sembra che in un ordine non vi siano più angeli. Infatti:
1. Si è detto sopra [q. 50, a. 4] che gli angeli sono tutti disuguali tra loro.
Si dicono invece di un solo ordine esseri tra loro uguali. Quindi non esistono più angeli di un solo ordine.

2. Ciò che può essere compiuto perfettamente da uno solo è superfluo farlo compiere da molti. Ma le mansioni spettanti a un ufficio angelico possono essere espletate perfettamente da un unico angelo molto meglio di quanto l'unico sole non faccia perfettamente l'ufficio del sole: e ciò tanto più quanto più l'angelo supera in perfezione un corpo celeste.  Se dunque, come si è detto [a. 2], gli ordini si distinguono in base agli uffici, è superfluo che vi siano più angeli di un medesimo ordine.

3. Gli angeli, come fu dimostrato [cf. ob. 1], sono disuguali.
Se quindi esistono più angeli di uno stesso ordine, p. es. tre o quattro, l'infimo dell'ordine superiore sarà più vicino a quello supremo dell'ordine inferiore che non a quello supremo del proprio ordine.  E allora non si vede perché esso debba appartenere a un ordine piuttosto che all'altro. Quindi non esistono più angeli in uno stesso ordine.

In contrario: Si legge in Isaia [6, 3] che i Serafini "gridavano l'uno all'altro ". Quindi esistono più angeli nel solo ordine dei Serafini.

Rispondo:
Chi ha la conoscenza perfetta di un dato genere di cose è in grado di distinguere sino ai minimi particolari gli atti, le potenze e le nature delle medesime.
Chi invece ne ha una conoscenza imperfetta deve limitarsi a distinzioni generiche, che si fondano su pochi elementi.  Come chi conosce imperfettamente gli esseri materiali distingue i loro ordini genericamente, ponendo in un ordine i corpi celesti, in un altro i corpi inferiori inanimati, in un altro le piante e in un altro gli animali; chi invece li conoscesse perfettamente sarebbe in grado di distinguere ordini diversi tra gli stessi corpi celesti, e così tra gli altri ricordati.  Ora, noi possediamo una conoscenza imperfetta degli angeli e dei loro uffici, come afferma Dionigi [De cael. hier. 6, 1].  Quindi possiamo distinguere gli uffici e gli ordini degli angeli soltanto in generale, per cui veniamo a raggruppare molti angeli sotto un unico ordine.  Se invece conoscessimo perfettamente gli uffici degli angeli e le loro distinzioni, allora conosceremmo perfettamente che ciascun angelo, più di una qualsiasi stella, ha un proprio ufficio e un proprio ordine nel creato, per quanto [attualmente] a noi rimanga ignoto.

Soluzione delle difficoltà:

1. Tutti gli angeli di uno stesso ordine sono uguali in qualche modo, rispetto cioè a quella particolarità che li costituisce in un solo ordine, ma in senso assoluto non sono uguali. Ed è per questo che Dionigi ritiene possibile distinguere in un medesimo ordine di angeli i primi, gli intermedi e gli ultimi.
2. La distinzione specifica degli ordini e degli uffici, in forza della quale ogni angelo ha il suo proprio ufficio e il suo proprio ordine, è a noi ignota.
3. In una superficie che sia per metà bianca e per metà nera le due parti contigue del bianco e del nero sono localmente più vicine tra di loro di quanto possano esserlo due parti della zona bianca, però sono più lontane tra loro per qualità: e così due angeli che stiano ai confini di due ordini sono più vicini tra di loro per affinità di natura di quanto non lo sia uno di loro con qualche altro del proprio ordine; non però per idoneità a uffici consimili, idoneità che si estende entro un ambito determinato

ARTICOLO 4 - SE LA DISTINZIONE DELLE GERARCHIE E DEGLI ORDINI NEGLI ANGELI PROVENGA DALLA NATURA

Sembra che negli angeli la distinzione delle gerarchie e degli ordini non provenga dalla natura. Infatti:

1. Gerarchia significa sacro principato, nella cui definizione Dionigi [De cael. hier. 3, 2] pone che esso "tende a rendere, per quanto può, deiforme ".
Ora, la santità o deiformità si attua negli angeli per mezzo della grazia, non per mezzo della natura.  Quindi anche la distinzione delle gerarchie e degli ordini deriva negli angeli dalla grazia e non dalla natura.
2. Serafino, come spiega  Dionigi [De cael. hier. 7, 1], significa "ardente" o "infiammante". Ma simili proprietà appartengono evidentemente alla carità, la quale non proviene dalla natura, ma dalla grazia: essa infatti "è stata riversata nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato", come dice S. Paolo [Rm 5, 5]; e questo testo, secondo S. Agostino [De civ. Dei 12, 9], "non riguarda solo gli uomini santi, ma può applicarsi anche ai santi angeli". Quindi gli ordini non provengono negli angeli dalla natura, ma dalla grazia.

3. La gerarchia ecclesiastica è modellata su quella celeste.  Ma tra gli uomini gli ordini non provengono dalla natura, bensì dal dono della grazia, poiché non dipende dalla natura che uno sia vescovo, un altro sacerdote e un altro diacono. Quindi neppure tra gli angeli gli ordini possono dipendere dalla natura, ma soltanto dalla grazia.

In contrario:

Secondo il Maestro delle Sentenze [2, 9], "si chiama ordine angelico una moltitudine di spiriti celesti che sono simili tra loro per un qualche dono della grazia, come sono affini per la partecipazione di certi doni naturali".
Quindi la distinzione degli ordini negli angeli si basa non soltanto sui doni gratuiti, ma anche sui doni naturali.

Rispondo:
L'ordine [gerarchico] di governo, che è l'ordinamento della moltitudine sottoposta a un principato, viene desunto per rapporto al fine.
Ma il fine degli angeli può essere considerato in due modi.
Primo, in base alle loro capacità naturali, in quanto cioè essi hanno per fine di conoscere e amare Dio con una conoscenza e amore naturali.
E in rapporto a questo fine gli ordini angelici si distinguono in base ai doni naturali.  Secondo, può essere considerato in quanto supera le capacità naturali, consistendo nella visione dell'essenza divina e nella fruizione immobile della sua bontà; e a questo fine gli angeli possono arrivare solo mediante la grazia.  Per cui in rapporto a tale fine la distinzione degli ordini si ha negli angeli come coronamento secondo i doni gratuiti, ma come predisposizione secondo i doni naturali: poiché agli angeli, come si disse [q. 62, a. 6 c. e ad 3], i doni gratuiti furono concessi secondo la capacità dei doni naturali, il che non si verifica negli uomini.  Ed è questa la ragione per cui negli uomini gli ordini si distinguono soltanto in base ai doni gratuiti, e non in base alla natura.  Restano così risolte anche le obiezioni

ARTICOLO 5 -  SE GLI ORDINI ANGELICI SIANO BEN DENOMINATI

Sembra che gli ordini angelici non siano ben denominati. Infatti:
1. Tutti gli spiriti celesti sono Angeli e Virtù celesti.
Ma non è giusto assegnare, come propri ad alcuni, dei nomi che sono comuni a tutti.  Quindi non è giusto dare il nome di Angeli e di Virtù a due ordini particolari.

2. Essere Dominus [Signore] è prerogativa di Dio, secondo quelle parole [Sal 99, 3]: "Riconoscete che il Signore è Dio". Non è quindi conveniente chiamare Dominazioni uno degli ordini angelici.

3. Il nome Dominazione si riferisce indubbiamente al governo.
E altrettanto si dica dei nomi Principato e Potestà.  Non è dunque cosa ragionevole assegnare queste tre denominazioni a tre ordini distinti.
4. Gli Arcangeli sono così chiamati perché sono quasi Angeli Principi.
Un tale nome perciò non dovrebbe essere imposto ad alcun altro ordine se non a quello dei Principati.

5. Il nome di Serafini è desunto dall'ardore proveniente dalla carità, e il nome di Cherubini è desunto dalla scienza.  Ma la carità e la scienza sono doni comuni a tutti gli angeli. Quindi quei nomi non dovrebbero essere riservati a due soli ordini.

6. Dire troni o seggi è la stessa cosa. Ma si suol dire che Dio ha sede nella creatura razionale in quanto questa lo conosce e lo ama.  Non dovrebbe dunque esserci distinzione tra l'ordine dei Troni e quello dei Cherubini e dei Serafini.  Così dunque gli ordini angelici non risultano ben denominati.

In contrario:

Abbiamo l'autorità della Sacra Scrittura che così li denomina.
Infatti troviamo i Serafini in Isaia [6, 2]; i Cherubini in Ezechiele [1; 10, 15.20]; i Troni nella Lettera ai Colossesi [1, 16]; le Dominazioni, le Virtù, le Potestà e i Principati nella Lettera agli Efesini [1, 21]; gli Arcangeli nella Lettera Canonica di Giuda [9] e gli Angeli in moltissimi luoghi della Scrittura.

Rispondo:
Nella denominazione degli ordini angelici bisogna tener presente ciò che afferma Dionigi [De cael. hier. 7, 1], e cioè che "i nomi propri dei singoli ordini designano le loro proprietà". Per discernere poi quale sia la proprietà di ciascun ordine è necessario riflettere che negli esseri disposti gerarchicamente una perfezione si può trovare in tre modi, cioè in modo proprio, in modo eccedente e in modo partecipato.  Una perfezione si trova in modo proprio in un soggetto quando essa è adeguata e proporzionata alla natura del soggetto.  Vi si trova invece in modo eccedente quando la perfezione è al disotto del soggetto a cui viene attribuita, e conviene ad esso in grado sovraeminente; come si disse [q. 13, a. 2] di tutti i nomi attribuiti a Dio.  Vi si trova infine in modo partecipato quando la perfezione suddetta non raggiunge nel soggetto tutta la sua pienezza: come i santi sono chiamati dèi per partecipazione.  Quando dunque a un dato essere si voglia imporre un nome che ne denoti una proprietà intrinseca, questo nome non va desunto né da ciò che esso partecipa imperfettamente, né da ciò che possiede in grado eccedente, ma da ciò che è ad esso commisurato.  Come volendo denominare con un nome proprio l'uomo lo si dovrà chiamare sostanza razionale, e non sostanza intellettuale, che è il nome proprio dell'angelo: poiché, mentre la semplice intelligenza conviene all'angelo come proprietà, all'uomo conviene solo per partecipazione; né lo si potrà chiamare sostanza sensitiva, che è il nome proprio del bruto, poiché la sensitività è qualcosa di meno di ciò che è proprio dell'uomo ed essa, in confronto agli altri animali, conviene all'uomo in grado eccedente. Venendo ora agli ordini angelici, bisogna considerare che le perfezioni spirituali sono comuni a tutti gli angeli, e negli angeli superiori si trovano in misura più abbondante che negli inferiori.  Essendoci tuttavia una graduatoria nelle perfezioni stesse, la perfezione superiore viene attribuita in modo proprio all'ordine superiore e in modo partecipato a quello inferiore; viceversa la perfezione inferiore viene attribuita in modo proprio all'ordine inferiore e in modo sovraeminente a quello superiore.  E così gli ordini più alti vengono denominati dalle perfezioni più alte.  Con tale criterio dunque, in base cioè alla disposizione degli angeli alle perfezioni spirituali, Dionigi spiega i nomi dei vari ordini [De cael. hier. 7 ss.]  S. Gregorio invece nella spiegazione di tali nomi si fonda sui ministeri esterni.  Dice infatti [In Evang. hom. 34] che "vengono chiamati Angeli quelli deputati alle piccole ambasciate; Arcangeli quelli deputati alle grandi; Virtù quelli incaricati di compiere i miracoli; Potestà quelli chiamati a respingere le forze avverse; Principati quelli che presiedono agli stessi spiriti buoni".

Soluzione delle difficoltà:

1. Angelo vuol dire messaggero. Perciò tutti gli spiriti celesti, in quanto sono latori dei messaggi di Dio, sono chiamati angeli. Senonché gli angeli superiori godono, in questa manifestazione delle cose divine, di una certa eccellenza, dalla quale gli ordini superiori traggono il loro nome.  Invece l'infimo ordine angelico non aggiunge alcuna eccellenza al comune ufficio di messaggero, e quindi viene denominato da esso.  E così il nome comune diventa quasi proprio dell'ordine infimo, come dice Dionigi [De cael. hier. 5].  Si potrebbe però anche pensare che l'infimo ordine è chiamato per antonomasia ordine degli Angeli perché questi ultimi trasmettono a noi direttamente i messaggi divini.  Quanto poi al termine Virtù, esso può avere due accezioni.  La prima generica, e allora significa la potenza che è intermedia tra l'essenza e l'operazione: e in tal senso tutti gli spiriti celesti sono chiamati virtù celesti, come sono chiamati "essenze celesti".  La seconda in quanto sta a indicare un grado eminente di fortezza: e così essa è il nome proprio di un ordine.  Per questo Dionigi [De cael. hier. 8, 1] afferma che "il nome "Virtù" denota una fortezza virile e incrollabile", ordinata a compiere prima di tutto le operazioni divine ad esse convenienti, e in secondo luogo ad accogliere quanto viene da Dio. E così tale nome sta a significare che tali spiriti affrontano senza timore i compiti divini loro affidati: ciò che indubbiamente appartiene alla fortezza d'animo.

2. Scrive Dionigi [De div. nom. 12] che "si deve celebrare in Dio la Dominazione in modo del tutto singolare e trascendente; ma le sante Scritture conferiscono per partecipazione il titolo di Signori [Domini] anche agli ordini principali, da cui gli esseri inferiori ricevono parte dei doni divini ".  Quindi, come afferma sempre lo stesso Autore [De cael. hier. 8, 1], il nome Dominazioni significa prima di tutto "libertà dalla condizione servile e da una soggezione avvilente", quale è propria della plebe, "e da un'oppressione tirannica", quale patiscono a volte anche i magnati.  Significa, poi, "una rigida e inflessibile disciplina di governo, che non si piega a compiere alcun atto servile, né di quelli propri a chi è schiavo, né di quelli propri a chi è oppresso da tiranni".  Significa, da ultimo, "brama e partecipazione del vero dominio che è in Dio".  E in modo analogo il nome di ciascun ordine significa sempre la partecipazione di ciò che è in Dio, come p. es. il nome Virtù significa la partecipazione della virtù divina; e così per gli altri nomi. 

3. I termini Dominazione, Potestà e Principato si riferiscono al governo, ma sotto aspetti diversi.  Infatti compito proprio di chi è signore [dominus] è solo quello di impartire gli ordini sul da farsi.  Per cui S. Gregorio [l. cit.] dice che "alcune schiere angeliche sono chiamate Dominazioni perché le altre devono sottostare, obbedendo, ad esse".  Potestà invece indica un certo ordinamento, secondo il detto dell'Apostolo [Rm 13, 2]: "Chi si oppone alla potestà si oppone all'ordinamento stabilito da Dio".  Giustamente perciò Dionigi [De cael. hier. 8, 1] osserva che il termine Potestà designa un ordinamento relativo sia alla ricezione dei comandi divini, sia al compimento di quelle azioni che gli angeli superiori esercitano su quelli inferiori, per condurli in alto.  Quindi all'ordine delle Potestà spetta coordinare le cose che devono essere compiute dai subalterni.  Esercitare invece un principato vuol dire, secondo S. Gregorio [l. cit.], "essere primi tra gli altri", essere cioè quasi i primi nell'eseguire quanto è stato comandato.  Per questo Dionigi [De cael. hier. 9, 1] afferma che il nome Principati sta a indicare "coloro che fanno da guida nell'ordinamento sacro".  Infatti vengono chiamati propriamente prìncipi coloro che, primi tra gli altri, fanno loro da guida, come dice il Salmista [67, 26 Vg]: "Precedono i prìncipi uniti ai citaredi".

4. Secondo il pensiero di Dionigi [De cael. hier. 9, 1], gli Arcangeli stanno tra i Principati e gli Angeli.  Ora una realtà intermedia, paragonata a uno degli estremi, appare diversa, in quanto partecipa anche la natura dell'altro estremo: come un corpo tiepido è freddo se viene paragonato a un corpo caldo, mentre è caldo se viene paragonato a un corpo freddo.
Analogamente gli Arcangeli sono come Angeli Principi in rapporto agli Angeli; in rapporto invece ai Principati sono angeli.  Per S. Gregorio invece [l. cit.] essi si chiamano Arcangeli perché esercitano un principato solo sull'ordine degli Angeli, in quanto compiono le grandi ambasciate.  I Principati invece sono così chiamati perché esercitano un principato su tutte le virtù celesti che eseguono i comandi divini.

5. Il nome di Serafini non viene desunto dalla carità come tale, ma da una sovrabbondanza di carità, come indica la parola ardore o incendio.
Perciò Dionigi [De cael. hier. 7, 1] lo interpreta in base alle proprietà del fuoco, in cui il calore è in grado eccedente.  Ora, nel fuoco possiamo considerare tre cose.  Primo, il suo movimento che tende verso l'alto e che è continuo.  E ciò sta a indicare che i Serafini si muovono invariabilmente verso Dio.  Secondo, la sua virtù attiva che è il calore.  E questo si trova nel fuoco non in un modo qualsiasi, ma in un grado acuto, giacché esso è sommamente penetrativo nel suo agire, giungendo sino alle intime fibre; ed è inoltre accompagnato da un incontenibile fervore.  E ciò serve a indicare l'azione potente esercitata da questi angeli sui loro sottoposti, per eccitarli a un fervore consimile e per purificarli con il loro incendio.  Terzo, nel fuoco va considerato lo splendore.  E ciò sta a indicare che questi angeli possiedono in se stessi una luce inestinguibile, e che illuminano perfettamente gli altri.  Parimenti anche il nome di Cherubini è desunto da una sovrabbondanza di scienza: perciò si fa corrispondere a "pienezza di scienza".  Pienezza che Dionigi [ib.] riscontra in quattro cose: primo, nella perfetta visione di Dio; secondo, nella piena ricezione del lume divino; terzo, nel fatto che essi contemplano la bellezza dell'ordine dell'universo in Dio stesso; quarto, nel fatto che, essendo essi ripieni di tale scienza, la effondono copiosamente sugli altri. 

6. L'eccellenza dell'ordine dei Troni, in rapporto agli ordini inferiori, consiste in questo, che essi possono conoscere in Dio immediatamente le ragioni delle opere divine.  I Cherubini invece possiedono l'eccellenza della scienza e i Serafini l'eccellenza dell'ardore. E sebbene in queste due ultime cose sia inclusa la prima, tuttavia in questa, che è propria dei Troni, non sono incluse le altre due.  Quindi l'ordine dei Troni si distingue dall'ordine dei Cherubini e dei Serafini.  In tutte le cose infatti vige il principio che l'eccellenza dei gradi inferiori è contenuta nell'eccellenza dei gradi superiori, e non viceversa.  Dionigi inoltre [ib.] spiega il nome dei Troni per analogia con i troni materiali.  Ora, in questi vanno considerate quattro cose. Primo, la posizione: i troni sono elevati sopra la terra.  E così gli angeli chiamati Troni sono elevati sino a conoscere immediatamente in Dio le ragioni delle cose.  Secondo, nei troni materiali si considera la loro stabilità: su di essi infatti uno siede acquistando fermezza. Nel caso nostro però si verifica il contrario, poiché questi angeli acquistano la loro stabilità in Dio.  Terzo, il trono accoglie la persona che vi siede e questa può anche essere trasportata.  E così questi angeli accolgono in se stessi Dio, e in certo qual modo lo portano agli angeli inferiori.  Quarto, la forma esterna: il trono è aperto davanti per ricevere chi vi deve sedere.  E nello stesso modo anche questi angeli sono aperti, con la loro prontezza, ad accogliere Dio e a prestargli servizio

ARTICOLO 6 - SE I GRADI DEGLI ORDINI SIANO BEN DETERMINATI

Sembra che i gradi degli ordini non siano ben determinati. Infatti:
1. L'ordine più alto è quello di coloro che comandano.  Ma le Dominazioni, i Principati e le Potestà, stando ai loro nomi, esercitano un certo dominio.  Quindi supremi fra tutti dovrebbero essere questi ordini.

2. Un ordine è tanto più alto quanto più è vicino a Dio.  Ma il più vicino a Dio sembra essere l'ordine dei Troni: poiché nulla è tanto vicino a colui che siede quanto il suo seggio. Quindi l'ordine più alto è quello dei Troni.

3. La scienza è prima dell'amore, e l'intelletto sembra più alto della volontà.
Quindi anche l'ordine dei Cherubini sembra essere più alto dell'ordine dei Serafini.
4. S. Gregorio [In Evang. hom. 34] pone i Principati sopra le Potestà.
Quindi il loro posto non è immediatamente sopra gli Arcangeli, come vuole Dionigi [De cael. hier. 6, 2].

In contrario:

Dionigi [ib.] insegna che nella prima gerarchia si succedono nell'ordine i Serafini, i Cherubini e i Troni; nella gerarchia intermedia le Dominazioni, le Virtù e le Potestà; nell'ultima i Principati, gli Arcangeli e finalmente gli Angeli.

Rispondo:

I gradi degli ordini angelici sono stati determinati sia da S. Gregorio [l. cit.] che da Dionigi [ib.], i quali concordano tra loro eccetto che per i Principati e le Virtù.  Mentre infatti Dionigi colloca le Virtù sotto le Dominazioni e sopra le Potestà, e i Principati sotto le Potestà e sopra gli Arcangeli, S. Gregorio pone i Principati tra le Dominazioni e le Potestà, e le Virtù tra le Potestà e gli Arcangeli.  E tanto l'una quanto l'altra determinazione può trovare appoggio nell'autorità dell'Apostolo.  Questi infatti, enumerando in linea ascendente gli ordini intermedi nella Lettera agli Efesini [1, 20 s.], dice che Dio costituì lui, cioè Cristo, "alla sua destra nei Cieli, al di sopra di ogni Principato e Potestà e Virtù e Dominazione": ponendo così le Virtù, come vuole Dionigi, tra le Potestà e le Dominazioni.  Invece nella Lettera ai Colossesi [1, 16] così enumera gli stessi ordini in linea discendente: "Troni, Dominazioni, Principati e Potestà, tutto per mezzo di lui e in vista di lui fu creato": e qui pone i Principati tra le Dominazioni e le Potestà, come fa S. Gregorio.  Vediamo dunque, da prima, il criterio della determinazione fatta da Dionigi [l. cit.].  In proposito va ricordato che secondo lui, come già abbiamo detto [a. 1], la prima gerarchia apprende le ragioni delle cose in Dio stesso, la seconda nelle loro cause universali, la terza nell'applicazione di esse agli effetti particolari. E poiché Dio è il fine non solamente dei ministeri angelici, ma di tutto il creato, alla prima gerarchia spetta considerare il fine, alla gerarchia di mezzo disporre universalmente le cose da fare, all'ultima applicare le disposizioni agli effetti, e cioè eseguire l'opera.  È evidente infatti che queste tre fasi si riscontrano nel processo di ogni operazione.  Quindi Dionigi, che dai nomi degli ordini deriva le loro proprietà, nella prima gerarchia pose quegli ordini i cui nomi indicano un rapporto con Dio: cioè i Serafini, i Cherubini e i Troni. Nella gerarchia intermedia pose invece quegli ordini i cui nomi significano un certo universale governo o ordinamento: cioè le Dominazioni, le Virtù e le Potestà.  Nella terza gerarchia infine pose quegli ordini i cui nomi designano l'esecuzione dell'opera: cioè i Principati, gli Arcangeli e gli Angeli.  Ora, per quanto riguarda il fine possiamo distinguere tre momenti: primo, la considerazione del fine; secondo, la conoscenza perfetta di esso; terzo, la determinazione ferma dell'intenzione su di esso: e di questi tre momenti il secondo aggiunge qualcosa al primo e il terzo a entrambi.  E siccome Dio è il fine delle creature nella maniera in cui, come dice Aristotele [Met. 12, 11], il comandante è il fine dell'esercito, si può desumere qualche analogia dalle cose umane: infatti ci sono alcuni rivestiti di tanta dignità da poter accedere di persona e familiarmente al re o al comandante; vi sono altri invece che hanno, in più, il privilegio di essere al corrente dei suoi segreti; altri infine, per un privilegio ancora più alto, stanno sempre intorno a lui, come se fossero suoi congiunti.  Ora, in base a questa analogia possiamo comprendere la disposizione degli ordini nella prima gerarchia.  Infatti i Troni sono elevati a tanta dignità da accogliere familiarmente Dio in se stessi, in quanto possono conoscere immediatamente in lui le ragioni delle cose.  E questa è una prerogativa comune a tutta la prima gerarchia.  I Cherubini, invece, godono di una conoscenza sovraeminente dei segreti divini.  I Serafini infine eccellono in ciò che costituisce la suprema perfezione, nell'essere cioè a contatto con Dio stesso.  In tal modo l'ordine dei Troni resta denominato da ciò che è comune a tutta la [prima] gerarchia, come da ciò che è comune a tutti gli spiriti celesti è denominato l'ordine degli Angeli.  Quanto al governo invece, esso per sua natura ha tre compiti.  Primo, determinare le cose da fare: e ciò spetta alle Dominazioni.  Secondo, concedere il potere di farle: e ciò spetta alle Virtù.  Terzo, indicare in che modo le cose comandate o determinate possano essere fatte da chi deve eseguirle: e ciò spetta alle Potestà.  L'esecuzione infine dei ministeri angelici consiste nell'annunziare le cose di Dio.  Ora, nell'esecuzione di qualsiasi opera vi sono alcuni che danno l'inizio all'opera e fanno da guida agli altri, come i maestri nel canto e i comandanti in guerra: e questo ufficio appartiene ai Principati.  Vi sono altri invece che agiscono quali semplici esecutori: è il compito degli Angeli.  Altri infine si trovano in una situazione intermedia: e tali sono gli Arcangeli, come si è già detto [a. 5, ad 4].  Ora, questa determinazione degli ordini appare conveniente.  Infatti ciò che è primo nell'ordine inferiore ha sempre una certa affinità con ciò che è ultimo nell'ordine superiore: come avviene tra gli infimi esseri del regno animale e i primi del regno vegetale.  Il primo ordine assoluto è dunque quello delle Persone divine, il quale si conclude con lo Spirito Santo, che è l'amore procedente: e con esso ha affinità il supremo ordine della prima gerarchia [quello dei Serafini], che deve il suo nome all'incendio dell'amore.  Dall'altra parte invece l'ordine più basso della prima gerarchia, quello dei Troni, ha affinità, in forza del suo stesso nome, con le Dominazioni: infatti i Troni sono così denominati, secondo S. Gregorio [l. cit.], perché Dio "esercita i suoi giudizi per mezzo di essi", dato che essi ricevono le divine illuminazioni per l'attitudine naturale che hanno a illuminare immediatamente la seconda gerarchia, a cui compete di disporre i ministeri divini.  L'ordine poi delle Potestà è affine all'ordine dei Principati: avendo infatti le Potestà il compito di imporre un ordinamento ai sottoposti, questo viene evocato subito dal nome stesso dei Principati, che sono i primi nell'esecuzione dei divini misteri, come coloro che presiedono al governo dei popoli e dei regni, che è il primo e il principale dei ministeri divini, "essendo il bene del popolo cosa più divina del bene di un singolo individuo" [Ethic. 1, 1].  Per cui dice la Scrittura [Dn 10, 13]: "Il Principe del regno di Persia mi si è opposto".  Ma anche la determinazione degli ordini fatta da S. Gregorio ha la sua convenienza. Essendo infatti le Dominazioni quelle che determinano e comandano quanto concerne i divini ministeri, gli ordini ad esse soggetti vengono ad assumere la disposizione degli esseri intorno ai quali si esercitano i divini ministeri.  Ora, come dice S. Agostino [De Trin. 3, 4], "gli esseri corporei sono governati con un certo ordine, e cioè gli inferiori per mezzo dei superiori, e tutti per mezzo della creatura spirituale; gli spiriti malvagi, poi, per mezzo degli spiriti buoni".  Quindi il primo ordine dopo le Dominazioni è quello dei Principati, che comandano anche agli spiriti buoni.  Seguono le Potestà, per mezzo delle quali sono tenuti a freno gli spiriti malvagi: come per mezzo delle potestà terrene, al dire di S. Paolo [Rm 13, 3 s.], sono tenuti a freno i malfattori.  Dopo di esse vengono le Virtù, che hanno potere sui corpi nel compimento dei miracoli. E finalmente gli Arcangeli e gli Angeli, che annunziano agli uomini o le grandi verità che superano la ragione, o le verità minori che rientrano nelle sue capacità.

Soluzione delle difficoltà:

1. Per gli angeli è cosa più nobile la sottomissione a Dio che il dominio sugli inferiori: anzi, quest'ultimo deriva da quella.  Quindi gli ordini supremi non sono quelli che traggono il loro nome dal comando, ma piuttosto quelli i cui nomi indicano il rapporto con Dio.

2. La vicinanza a Dio indicata dal nome dei Troni conviene anche ai Cherubini e ai Serafini, e in un grado più eccellente, come si è visto [nel corpo].

3. La conoscenza si attua, come si è detto sopra [q. 16, a. 1; q. 27, a. 3], in quanto l'oggetto viene a trovarsi nel conoscente, mentre l'amore si attua in quanto l'amante tende a unirsi alla cosa amata.  Ora, gli esseri superiori esistono in modo più nobile in se stessi che negli esseri inferiori; al contrario le cose meno nobili acquistano una maniera di essere più alta negli esseri superiori che in se stesse.  Quindi la conoscenza degli esseri inferiori è più eccellente dell'amore per essi, mentre l'amore degli esseri superiori, e specialmente di Dio, è più eccellente della loro conoscenza.

4. Chi esamini diligentemente la determinazione degli ordini fatta da Dionigi e quella fatta da S. Gregorio, si accorgerà che esse differiscono poco o nulla quanto alla sostanza.  Infatti S. Gregorio [l. cit.] fa derivare il nome dei Principati dal fatto che essi "presiedono agli spiriti buoni": e ciò compete anche alle Virtù, in quanto il nome di Virtù comporta una certa fortezza che dà vigore agli spiriti inferiori, perché eseguano efficacemente i divini ministeri.  Inoltre le Virtù di S. Gregorio sembrano identificarsi con i Principati di Dionigi.  Infatti il primo dei ministeri divini è il compimento dei miracoli, perché è in questo modo che si apre la strada agli annunzi degli Arcangeli e degli Angeli


  • Tommaso  parla ancora degli Angeli nella Questione 112 - La missione degli angeli , che elencheremo come momento definitivo e straordinario  e i lettori, devono porre attenzione alle citazioni, e su come pseudo – Dionigi è trattato da Tommaso.   
  • La Questione 112  è importante per la considerazione che Tommaso darà sia di San Gabriele che di San Raffaele, nonché per la valenza da conferire alla frase “sono uno dei Sette Angeli”.  È   questa infatti la lacuna maggiore del pensiero dionisiano, che Tommaso cercherà di colmare, proponendo una teoria che potesse eliminare questo vuoto esegetico. Citiamo la questione dall’art. 2 in poi.

 


SOMMA TEOLOGICA PARTE PRIMA – QUESTIONE 112 : La missione degli angeli

 

ARTICOLO 1 - SE GLI ANGELI SIANO INVIATI PER MINISTERO (omissis)
 
ARTICOLO 2 - SE TUTTI GLI ANGELI SIANO INVIATI IN MINISTERO
Sembra che tutti gli angeli siano inviati in ministero. Infatti: 
1. S. Paolo [Eb 1, 14] dice: "Sono tutti spiriti incaricati di un ministero, inviati per servire".
2. Il supremo tra gli ordini è quello dei Serafini, come si è visto [q. 108, a. 6]. Ma a mondare le labbra del profeta Isaia fu mandato un Serafino, come narra la Scrittura [Is 6, 6 s.].  Tanto più dunque sono mandati gli angeli di grado minore. 
3. Le Persone divine trascendono infinitamente tutti gli ordini angelici.  Ma le Persone divine sono mandate, come si disse [q. 43, a. 1]. Molti più dunque sono mandati, senza eccezione, gli angeli supremi.
4. Se gli angeli superiori non vengono inviati a compiere ministeri esterni ciò accade solo perché essi, per eseguire i ministeri divini, si servono degli angeli inferiori. Ma essendo tutti gli angeli disuguali, come si è visto sopra [q. 50, a. 4; q. 108, a. 3, ad 1], ciascun angelo, se si eccettua l'ultimo, ha sotto di sé un angelo inferiore. Quindi uno solo, l'ultimo, verrebbe mandato per ministero. Cosa questa contraria alla Scrittura [Dn 7, 10] che dice: "Mille migliaia lo servivano".

In contrario:

S. Gregorio [In Evang. hom. 34], riferendo la sentenza di Dionigi [De cael. hier. 13, 2], afferma: "Le schiere più alte non esercitano in alcun modo il ministero esterno".

Rispondo:
Come è evidente da quanto è stato già detto [q. 106, a. 3; q. 110, a. 1], l'ordine della divina provvidenza vuole che non solo tra gli angeli, ma in tutto l'universo gli esseri inferiori siano governati attraverso il ministero di quelli superiori: tuttavia nel mondo materiale si deroga talora per disposizione divina a quest'ordine in vista di un ordine più alto, nella misura cioè in cui questo giova alla manifestazione della grazia.  Come la guarigione del cieco nato [Gv 9, 1 ss.] e la risurrezione di Lazzaro [Gv 11, 43 s.] furono opere compiute immediatamente da Dio senza l'intervento dei corpi celesti.
E anche gli angeli, buoni o cattivi, possono operare qualcosa nel mondo materiale senza l'azione dei corpi celesti, p. es. condensare le nubi in pioggia e altre cose del genere.  E così non vi è da dubitare che Dio possa direttamente fare rivelazioni agli uomini senza servirsi degli angeli, e gli angeli superiori senza servirsi degli inferiori.  Partendo dunque da questa considerazione alcuni affermarono che, pur essendo inviati ordinariamente soltanto gli angeli inferiori e non i superiori, per una speciale disposizione divina qualche volta sarebbero inviati anche i superiori.  Ma tale opinione non sembra giustificata.  Infatti l'ordine angelico è costituito in vista dei doni della grazia, e l'ordine della grazia non ha un altro ordine sopra di sé in funzione del quale si debba ad esso derogare, come invece si deroga all'ordine della natura in vista dell'ordine della grazia.  E bisogna anche considerare che si deroga all'ordine della natura, con i miracoli, per recare una conferma alla fede. Ma a questa non gioverebbe nulla una deroga fatta all'ordine angelico, dato che essa non potrebbe essere conosciuta da noi.  Nulla inoltre è così grande nei ministeri divini da non poter esser compiuto per mezzo degli angeli inferiori.  Infatti S. Gregorio [l. cit.] scrive che "si chiamano Arcangeli coloro che annunziano le cose della più alta importanza.  E per questo alla Vergine Maria viene mandato l'Arcangelo Gabriele". Eppure, come nota lo stesso santo, si trattava del più sublime fra tutti i divini ministeri. Perciò bisogna ritenere senz'altro, con Dionigi [l. cit], che gli angeli superiori non sono mai inviati per ministeri esterni.

Soluzione delle difficoltà:
1. Come tra le missioni delle Persone divine ve n'è qualcuna visibile che avviene mediante creature corporee, e qualcuna invisibile che avviene solo con effetti spirituali, così tra le missioni degli angeli ve n'è qualcuna di esterna, che consiste in ministeri da svolgere presso esseri corporei, e secondo la quale non tutti sono inviati, e ve n'è un'altra interna, destinata a produrre effetti spirituali mediante l'illuminazione intellettiva, e secondo la quale sono inviati tutti gli angeli.  O si potrebbe anche rispondere che l'Apostolo porta quell'argomento per provare la superiorità di Cristo sugli angeli per mezzo dei quali fu data la legge, mostrando così la superiorità della legge nuova su quella antica.  Per cui la frase andrebbe riferita ai soli angeli addetti al ministero per mezzo del quale fu data la legge.
2. Secondo Dionigi [ib.], l'angelo inviato a mondare le labbra del profeta apparteneva a un ordine inferiore, ma fu chiamato Serafino, cioè bruciante, in senso analogico, dato che era venuto a purificare col fuoco le labbra del profeta.  O si potrebbe anche rispondere che gli angeli superiori comunicano i propri doni, da cui sono denominati, mediante gli angeli inferiori.
Così dunque si dice che un Serafino mondò col fuoco le labbra del profeta non perché lo fece lui direttamente, ma perché lo fece un angelo inferiore in virtù di lui.  Come si suol dire che il Papa assolve uno anche nel caso che impartisca l'assoluzione servendosi di una terza persona.
3. Le Persone divine non vengono inviate per ministero, ma sono dette inviate in senso analogico: come risulta dalle spiegazioni date in precedenza [q. 43, a. 1].
4. Nei divini ministeri vi sono molti gradi.  Nulla quindi impedisce che anche angeli disuguali siano inviati in ministero; però ai ministeri più alti sono deputati gli angeli superiori, e a quelli più bassi gli angeli inferiori
 
ARTICOLO 3 - SE ANCHE GLI ANGELI INVIATI SIANO ASSISTENTI
Sembra che anche gli angeli inviati siano assistenti. Infatti:
1. Dice S. Gregorio [In Evang. hom. 34]: "Gli angeli dunque e sono inviati e sono assistenti: poiché sebbene sia circoscritto lo spirito angelico, non è tuttavia circoscritto lo Spirito sommo, che è Dio".
2. Un angelo fu mandato per ministero a Tobia.   Eppure esso dichiarò di sé [Tb 12, 15]: "Io sono Raffaele, uno dei sette angeli che stanno al cospetto di Dio". Quindi anche gli angeli che sono mandati stanno al cospetto di Dio. 
3. Ogni angelo beato è più vicino a Dio di Satana.  Ma Satana sta al cospetto di Dio, secondo quanto è detto nel libro di Giobbe [1, 6]: "Un giorno i figli di Dio andarono a presentarsi davanti al Signore, e anche Satana andò in mezzo a loro".  Quindi a più forte ragione stanno al cospetto di Dio gli angeli che sono inviati. 
4. Se gli angeli inferiori non appartengono al numero degli angeli assistenti, ciò dipenderà dal fatto che essi non ricevono le illuminazioni immediatamente da Dio, ma per mezzo degli angeli superiori.  Ma ogni angelo, eccettuato quello supremo fra tutti, riceve le illuminazioni per mezzo di un angelo superiore.  Quindi angelo assistente dovrebbe essere solo l'angelo supremo.  Ma ciò contrasta con quanto dice la Scrittura [Dn 7, 10]: "Diecimila miriadi lo assistevano".  Quindi è da ritenere che anche gli angeli inviati per ministero siano assistenti.
In contrario: Commentando quelle parole [Gb 25, 3]: "Si possono forse contare le sue schiere?", S. Gregorio [Mor. 17, 13] dice: "Stanno alla sua presenza quelle Potestà che non escono per recare messaggi agli uomini".
Quindi gli angeli che vengono inviati per ministero non sono assistenti. Rispondo:
Si suole distinguere tra angeli assistenti e angeli ministranti, con un'analogia tratta dalle persone a servizio di un re.  Tra queste infatti ve ne sono alcune che stanno continuamente al suo cospetto, e apprendono immediatamente i suoi ordini.  Ve ne sono invece altre alle quali gli ordini regi vengono trasmessi per mezzo delle persone assistenti, come i governatori delle varie città: e queste sono dette ministranti, non assistenti.  Bisogna considerare dunque che tutti gli angeli vedono immediatamente l'essenza divina: e sotto questo aspetto sono assistenti anche coloro che compiono dei ministeri.  Per cui S. Gregorio [Mor. 2, 3] dice: "Gli angeli inviati a un ministero esteriore per la nostra salvezza sono sempre assistenti, e possono sempre vedere la faccia del Padre".  Non tutti gli angeli però hanno il potere di apprendere i segreti divini negli splendori della divina essenza, ma soltanto quelli di grado superiore, per mezzo dei quali essi sono svelati agli angeli inferiori. Così sotto quest'altro aspetto sono detti assistenti soltanto gli angeli superiori che appartengono alla prima gerarchia la quale, secondo Dionigi [De cael. hier. 7, 3], ha il privilegio di essere illuminata immediatamente da Dio.
Soluzione delle difficoltà:
1, 2. E con ciò sono chiarite anche le risposte alle due prime difficoltà, che argomentavano dal primo modo di essere assistenti.
3. Non è detto in quel testo che Satana fosse assistente, ma egli è descritto come intervenuto tra gli assistenti: e questo perché, come dice S. Gregorio [Mor. 2, 4], "sebbene egli abbia perduto la sua beatitudine, non ha tuttavia perduto la sua natura angelica".
4. Tutti gli angeli assistenti vedono alcune cose immediatamente negli splendori della divina essenza: perciò si dice che è proprio di tutta la prima gerarchia essere illuminata immediatamente da Dio.  Ma gli angeli superiori vedono più cose degli angeli inferiori, e su di esse illuminano gli altri: come anche tra coloro che stanno intorno al re, alcuni conoscono più segreti di altri.
 
ARTICOLO 4 -  SE GLI ANGELI DELLA SECONDA GERARCHIA SIANO TUTTI INVIATI

Sembra che gli angeli della seconda gerarchia siano tutti inviati. Infatti:
1. Tutti gli angeli o sono del numero degli assistenti o sono del numero dei ministranti, come si ricava dal profeta Daniele [7, 10].  Ma gli angeli della seconda gerarchia non appartengono al numero degli assistenti, essendo illuminati dagli angeli della prima gerarchia, come afferma Dionigi [De cael. hier. 8, 1].  Quindi sono tutti quanti inviati in ministero.

2. Secondo S. Gregorio [Mor. 17, 13] "gli angeli ministranti sono più numerosi degli angeli assistenti".  Ma ciò non sarebbe vero se gli angeli della seconda gerarchia non fossero inviati in ministero. Quindi tutti gli angeli della seconda gerarchia sono inviati in ministero

In contrario:

Dionigi [l. cit.] afferma che "le Dominazioni sono al disopra di ogni soggezione". Ma l'essere inviato in ministero comporta soggezione. Quindi le Dominazioni non vengono inviate in ministero.

Rispondo:
In base alle spiegazioni date [a. 1], l'essere inviato per un ministero esterno compete propriamente agli angeli, in quanto essi compiono qualche opera sulle creature materiali per comando di Dio, il che appartiene certamente all'esecuzione del divino ministero.  Ora, le proprietà degli angeli vengono rivelate dai loro nomi, come insegna Dionigi [De cael. hier. 7, 1]. Quindi vengono inviati per ministero gli angeli di quegli ordini i cui nomi denotano una esecuzione [pratica].  Ma il nome delle Dominazioni non denota alcuna esecuzione, bensì solo disposizione e comando sulle cose da fare.
Invece nei nomi degli ordini inferiori è chiaramente espressa l'esecuzione: infatti gli Angeli e gli Arcangeli sono così denominati perché annunziano, e le Virtù e le Potestà perché dicono rapporto con qualche azione da compiere: poiché, come dice S. Gregorio [In Evang. hom. 34], "è proprio del principe essere il primo tra coloro che operano". Quindi l'essere inviati per ministeri esterni appartiene a questi cinque ordini, e non ai quattro superiori

Soluzione delle difficoltà:

1. Le Dominazioni sono annoverate tra gli angeli ministranti non come esecutori del ministero, ma come ideatori e committenti di ciò che deve essere eseguito dagli altri.  Come fanno appunto gli architetti, i quali non prendono parte al lavoro manuale, ma solo dispongono e ordinano ciò che gli altri debbono fare.

2. Nell'assegnare il numero degli angeli assistenti e ministranti si segue un doppio criterio.  S. Gregorio infatti sostiene che sono più gli angeli ministranti che quelli assistenti. Poiché egli interpreta le parole della Scrittura [Dn 7, 10]: "Mille migliaia lo servivano" non in senso moltiplicativo, ma in senso partitivo, come se si dicesse: "alcune migliaia del numero di quelle migliaia".  E in questo senso il numero degli angeli ministranti viene posto come indefinito, per denotare una cifra esorbitante, mentre rimane definito il numero degli assistenti in base alle altre parole: "diecimila volte centomila [= un miliardo] lo assistevano".  E questa opinione si fonda su una tesi dei Platonici, secondo i quali quanto più gli esseri si avvicinano a un primo principio, tanto più piccolo è il loro numero: infatti un numero tanto più è piccolo quanto più si accosta all'unità.  E tale criterio è esatto relativamente al numero degli ordini, poiché sei amministrano e tre assistono.  Dionigi invece [De cael. hier. 14] sostiene che il numero degli angeli sorpassa ogni moltitudine materiale: per cui, come i corpi celesti superano quasi infinitamente per grandezza i corpi inferiori, così le nature superiori incorporee superano per numero tutte le nature corporee: poiché le realtà migliori sono maggiormente volute e moltiplicate da Dio.  E in base a ciò, essendo gli angeli assistenti superiori agli angeli ministranti, saranno più numerosi gli assistenti che i ministranti.  Quindi, secondo tale opinione, la formula numerica "mille migliaia" va presa in senso moltiplicativo, come se si dicesse "mille per mille" [= 1.000.000].  E poiché cento per dieci fa mille, se si fosse detto "centomila per dieci" [= 1.000.000] si sarebbe potuto intendere che tanti erano gli angeli assistenti quanti i ministranti; invece si dice "diecimila volte centomila" [= 1.000.000.000], in modo da significare che gli assistenti sono molto più numerosi dei ministranti.  Si badi però che tali cifre non vanno prese materialmente, quasi che gli angeli siano tanti e non più: poiché il loro numero è molto maggiore, superando qualunque moltitudine materiale.  E ciò viene indicato dalla moltiplicazione dei numeri massimi per se stessi, e cioè dei numeri dieci, cento e mille, come fa osservare Dionigi [ib.]


  • La Questione 112, rappresenta il punto di svolta della teoria degli Angeli di Tommaso. Dalla lettura di questi quattro articoli abbiamo potuto notare come:
  • Tommaso cita continuamente la dottrina di pseudo – Dionigi credendolo il vero Dionigi.
  • Tommaso si avvale con confidenza delle riflessioni dell’Areopagita, e scopriamo nello pseudo-Dionigi la sola fonte patristica che assiste Tommaso sul terreno delle implicazioni metafisiche delle teorie sugli Angeli.
  • Tommaso, recepisce l’intera dottrina di pseudo-Dionigi  sui Serafini immobili e sulla scorta di tale assunto perverte anch’egli il senso del testo di Isaia. Egli dice : «secondo Dionigi [ib.], l'angelo inviato a mondare le labbra del profeta apparteneva a un ordine inferiore, ma fu chiamato Serafino, cioè bruciante, in senso analogico, dato che era venuto a purificare col fuoco le labbra del profeta».
  • Tommaso recepisce la dottrina di pseudo-Dionigi sul basso livello di Gabriele, perché Gregorio [l. cit.] scrive che «si chiamano Arcangeli coloro che annunziano le cose della più alta importanza e per questo alla Vergine Maria viene mandato l'Arcangelo Gabriele» e perché bisogna ritenere senz’ altro, con Dionigi, che gli angeli superiori non sono mai inviati per ministeri esterni (come l’annuncio dell’Incarnazione del Verbo).
  • Tommaso colma la lacuna della dottrina di pseudo-Dionigi, sia sull’assenza  nel suo sistema di San Raffaele, che dei Sette Arcangeli.  Egli allora trasforma, come fa con S. Gabriele, anche S. Raffaele in Angelo di basso livello e converte i Sette Arcangeli in entità ideali.  Un angelo , infatti,  - egli dice - fu mandato per ministero a Tobia.   Eppure esso dichiarò di sé [Tb 12, 15]: «Io sono Raffaele, uno dei sette angeli che stanno al cospetto di Dio». Quindi anche gli Angeli che sono mandati stanno al cospetto di Dio.   Così sotto quest'altro aspetto sono detti assistenti soltanto gli angeli superiori che appartengono alla Prima Gerarchia la quale, secondo Dionigi [De cael. hier. 7, 3], ha il privilegio di essere illuminata immediatamente da Dio. Ciò posto, risolve la difficoltà sostenendo che tutti gli Angeli Assistenti vedono alcune cose immediatamente negli splendori della divina essenza: perciò si dice che è proprio di tutta la prima Gerarchia essere illuminata immediatamente da Dio, sebbene gli angeli superiori vedono più cose degli angeli inferiori, e su di esse illuminano gli altri: come anche tra coloro che stanno intorno al re, alcuni conoscono più segreti di altri.
  • Tommaso, cita più e più volte pseudo-Dionigi, in quasi tutta l’esposizione della sua dottrina.  Citazioni di Dionigi, come magistro, sono rinvenibili, oltre alle QUESTIONI 108 e 112, altresì nella QUESTIONE 113: « Come insegna Dionigi [De cael. hier. 4, 3], gli esseri inferiori sono ricondotti a Dio dagli esseri superiori tramite quelli intermedi … Essendo dunque gli angeli uno maggiore dell'altro, come afferma Dionigi [De cael. hier. 10, 2], non si vede perché i diversi uomini debbano essere custoditi da angeli diversi»;  nella QUESTIONE 111: « Quindi la verità intelligibile è presentata dagli angeli all'uomo sotto immagini sensibili, secondo quanto dice Dionigi [De cael. hier. 1, 2]: "È impossibile che rifulga a noi il raggio divino se non è avvolto dalla varietà dei sacri veli» ;   nella QUESTIONE 110  – ex multis art.3 come insegna Dionigi [De div. nom. 7], "la sapienza divina congiunge i limiti inferiori delle realtà prime con i limiti superiori delle seconde ": dal che risulta che la natura inferiore entra a contatto con la natura superiore con quanto ha di più alto» ;  nella QUESTIONE 107: «Stando all'interpretazione di Dionigi [De cael. hier. 7, 3], gli angeli inferiori chiesero a quelli superiori: "Chi è questo re della gloria?" [Sal 23, 10] … Ma quando un angelo illumina l'altro la sua illuminazione giunge a tutti gli angeli: poiché, come dice Dionigi [De cael. hier. 15, 3], "ciascuna sostanza celeste comunica alle altre l'intellezione ricevuta»  ; nella questione 106: «Insegna Dionigi [De cael. hier. 8, 1] che "gli angeli della gerarchia inferiore sono purificati, illuminati e perfezionati dagli angeli della gerarchia superiore … 1. Secondo le parole di Dionigi sopra riportate [a. 1, s.c.], come un angelo illumina l'altro, così lo purifica e lo perfeziona … Afferma Dionigi [De cael. hier. 4, 3]: "Questa è la legge perentoria della Divinità: che gli esseri inferiori siano ricondotti a Dio per mezzo dei superiori" … Secondo Dionigi [De cael. hier. 12, 2], gli angeli superiori possiedono una scienza più universale, mentre quelli inferiori la possiedono più particolare e subalternata. Ma una scienza universale abbraccia più nozioni di una particolare. Quindi non tutte le conoscenze che hanno gli angeli superiori vengono comunicate agli inferiori mediante l'illuminazione … E Dionigi [De cael. hier. 15, 3] afferma che "ognuna delle essenze celesti comunica alle inferiori la conoscenza ricevuta da un'altra essenza superiore", come è chiaro dal testo sopra citato…»;  nella QUESTIONE 114, nella QUESTIONE 115, in pratica cioè per l’intera dottrina degli Angeli esplicitata nella prima parte della sua Somma Teologica.
  • Il pensiero di Tommaso segue dunque Dionigi, e completa il suo quadro esegetico, collocando in basso pure S. Raffaele, di cui pseudo - Dionigi non aveva mai parlato, come non aveva parlato dei Sette Arcangeli.
  • La collocazione in basso degli Arcangeli, determinerà un’acquisizione esegetica senza precedenti, anche per il fatto che, il Dottore della Chiesa, non rileverà alcun contrasto con la Sacra Scrittura, risolvendo il problema attribuendo  ai “Sette Arcangeli” valore simbolico e analogico, sciogliendo il senso della frasi di Tobia e dell’ Apocalisse su di loro, all’interno del contesto allegorico di tutti gli Angeli ministranti.
  • In tal modo sovvertirà pure il senso letterale e semantico, che attribuisce solo agli assistenti il numero settenario.
  • Da ciò si evince che egli prendeva il “sette” del libro di Tobia, per molteplice, e sullo stesso binario analogico di pseudo-Dionigi, riteneva che S. Raffaele fosse un semplice Angelo custode, di natura inferiore agli altri. Tale senso molteplice e analogico, viene però non tenuto in conto anche per gli altri nomi degli Angeli, più incerti.  Ed è strano che S. Tommaso non tenga conto bene del testo né lo raffronti con quello dell’Apocalisse; ciò ci sorprende alquanto!

RINTUZZATO DAL SUAREZ!!!

Ed un teologo non meno erudito di Tommaso, contestò proprio questo singolare orientamento del celebre dottore:  si tratta del r.p. gesuita  spagnolo p. Francesco Suarez , (1548 –1617 ), che, proprio dopo San Tommaso, è considerato il più grande scolastico.

  • Nel suo “Libro VI – De statu beatitudini sanctorum , eorumque ministeriis”  capitolo X, «Quomodo intelligatur scriptura, cum superiores, etc» , paragrafo 31 specifica quanto segue, in una questione precisa [3] su tutte le obiezioni nascenti da questa sistemazione di Tommaso, sia con riferimento alla dignità di Michele, da lui ritenuto appartenere al primo coro dei Serafini, mentre da Tommaso ritenuto del Coro dei Principti, che di  Gabriele, ritenuto da Suarez, pure afferente agli Spiriti di ordine maggiore. Ci focalizziamo proprio sulla questione [31] di maggior interesse, ove si conferma tutto il nostro precedente assunto:
  • - «31. Raffaele , uno dell’infimo ordine degli Angeli ministranti  –  In quinto luogo si obiettava dell’Angelo Raffaele, del quale San Tommaso, che molti hanno seguito, come sopra detto, insegna esser stato uno degli Angeli dell’infimo ordine, perché i compiti che esercitò,  non indicano in lui una dignità maggiore. Ma crea una difficoltà poiché lo stesso Raffaele disse di esser stato uno dei sette che assistono innanzi a Dio, Tb 12. Infatti è giusto che si risponda al contrario, che il verbo di “assistere” che viene preso nel suo significato generale , come tutti gli Angeli che vedono la faccia del Padre stanno davanti al Signore, non può  soddisfare tale assunto, poiché non si dice semplicemente assistere, ma si dice essere uno dei sette assistenti, il quale modo di dire, e quel numero settenario, indicano la singolare eccellenza di quegli Angeli, di cui Raffaele dice di esserne uno di quelli. A causa di questo [cioè della sentenza di Tommaso n.d.a.] alcuni dissero che il numero settenario nella scrittura è solito indicare universalità, come riferisce Gregorio nella omelia  25 sul Vangelo  e nel lib. 1 , Mor. Capitolo 6 e altre cose al capitolo 11, ed in questo senso diche che Raffaele è uno dei Sette Angeli. Ma questo senso giustamente contesta il Ribera, in Apocalisse 1 , che il Viegas segue ciecamente, al com.. 1, sez. 6, e il Vasquez, 1 part. Disp. 108, cap. 1. Poiché non soltanto in un luogo, ma in molti altri la Scrittura fa menzione dei Sette Angeli assistenti innanzi a Dio , come in Apocalisse 1,3 e 8 -  che sono i sette Spiriti di Dio inviati su tutta la terra e vidi i Sette Angeli stare al cospetto di Dio  e della stessa immagine si fa menzione ai capitolo 15.16.17 e 21».
  • Aggiunge poi al paragrafo [32] :
  • «da cui opinano alcuni autori che sette Angeli particolari sono da Dio deputati, affinchè per loro mezzo, a guisa di ministri più eccellenti degli altri, governino questo mondo inferiore, e che uno di quelli fosse stato proprio Raffaele».

note:

Carmelo Pandolfi, San Tommaso filosofo nel Commento ai Salmi: interpretazione dell'essere nel Commento ai Salmi , Edizioni Studio Domenicano , 1993 -  La citazione appartiene al testo Saint Thomas e le pseudo-Denis, Parigi 1919, di I. Duranthel

Fausto Sbaffoni, San Tommaso d'Aquino e l'influsso degli angeli. La Sacra Scrittura, la tradizione, la teologia tomista , Collana: Studi tomistici,  ESD-Edizioni , 1993. Sul punto si richiama pure Cornelio Fabro Introduzione a san Tommaso. La metafisica tomista & il pensiero moderno, Ares 1997

opera Omnia ,editio nona, A.D.M. Andre’, Tomus Secondus, Cap. X - De statu beatitudini sanctorum , eorumque ministeriis -  Parisiis, 1861