P. STEFANO MENOCHIO (1555 - 1655)

 

Giovanni Stefano Menochio (1575 – 1655), biblista e gesuita italiano, è l'autore delle "Stuore", importante testo compilativo di svariate vicende mistoco-religiose.

Nato a Padova nel 1575 ,il 25 maggio 1594 Menochio entrò nella Compagnia del Gesù e, dopo avere completato gli studi di sacra scrittura e teologia nel collegio di Brera, divenne professore di greco, ebraico, teologia morale e Sacre Scritture a Milano e a Cremona.

Ebbe una lunga carriera come superiore delle case della Compagnia a Cremona, Milano e Genova.

Fu rettore del Collegio Romano, provinciale delle provincie di Milano e di Roma e "admonitor" dei prepositi generali Carafa e Piccolomini.

Il suo primo saggio esegetico fu uno studio politico-biblico: Hieropoliticon, sive Institutiones Politicæ e Sacris Scripturis depromptæ, 956 pagine (Lione, 1625).

La prima edizione dell'opera fu dedicata al Cardinal Alessandro Orsini, la seconda (Colonia, 1626) al re di Spagna Ferdinando II d'Asburgo.

Trattato erudito sulle istituzioni sacre e profane dell'antico Israele, lo Hieropoliticon si propone di trarre dallo studio storico-filologico delle Sacre Scritture insegnamenti utili ad un sovrano assoluto moderno.[1][3] L'opera anticipò la Politique di Jacques Bénigne Bossuet.[1][4] e fu celebrata in un'ode del poeta gesuita Maciej Kazimierz Sarbiewski (v. Lyrica, II, n. 18).[5]

L'anno successivo apparve uno studio economico sulla bibbia: Institutiones Oeconomicæ ex Sacris Litteris depromptæ, 543 pagine (Lione, 1627).

L'autore realizzò una traduzione in italiano dell'opera, pubblicata postuma con il titolo Economia Christiana, 542 pagine (Venezia, 1656).

Il suo magnum opus è la Brevis explicatio sensus literalis totius Sacræ Scripturæ ex optimis quibusque auctoribus per epitomen collecta, 3 voll., 115 pagine, 449, 549+29 (Colonia, 1630) che ebbe moltissime edizioni fin oltre la metà del XVIII secolo, in diverse città europee: Colonia, 1659; Anversa, 1679; Lione, 1683, 1697, 1703; un'edizione riveduta da Padre René-Joseph de Tournemine fu pubblicata a Parigi (1719, 1721, 1731); Avignone (1768); Gand (1829); quella ampliata e rivista da Padre Francesco Antonio Zaccaria fu pubblicata a Venezia (1743, 1755, 1761).

Gli scholia di Menochio sono riportati in varie opere: Biblia Magna e Biblia Maxima di Jean de La Haye; Biblia Sacra di Lucas Brugensis; Scripturæ Sacræ Cursus Completus di Jacques Paul Migne; quattordici edizioni della Sainte Bible di Louis de Carrières; e La Sainte Bible di Claude-Joseph Drioux (Parigi, 1873).

Un critico successivo, Simon, anche se non vicino all'ortodossia di Menochio, dice "C'est un des plus judicieux scoliates que nous ayons tant sur le Vieux que sur le Nouveau Testament" (Hist. Crit. du N. T., xliv).

Reusch (Kirchenlexikon) preferisce le note di Menochio a quelle di Manuel de Sá e Mariana. L'opera di Menochio fu molto apprezzata anche in ambiente protestante e venne utilizzata da Ugo Grozio nei suoi Annotata Ad Vetus Testamentum.[9][10]

Menochio concentra la sua attenzione sul senso letterale della Sacra Scrittura[11] facendo ricorso allo studio del testo e all'opera dei Padri. Studiò il testo biblico nelle lingue originali, e fece uso della sua ampia conoscenza delle antichità ebraiche.[

Per quel che ci riguarda, i Sette Angeli sono trattati in una raccolta postuma dal titolo: "RATTENIMENTI ERUDITI. STUORE DEL PADRE GIO STEFANO MENOCHIO DELLA COMPAGNIA DI GIESU', TESSUTE DI VARIE ERUDITIONI SACRE, MORALI E PROFANE" Tomo primo, Centuria Terza,  Cap. LXXXIII, pag. 435 di questa edizione del 1724


Delli Sette Angioli principali , che nella Scrittura si dicono assistere al Trono di Dio .

  • Nel cap. 12  del libro di Tobia  l’Angelo Raffaele dice così di se stesso : “Ego sum  Raphael Angelus , unus ex septem , qui astamus  ante Dominum”  , circa le quali parole si possono movere alcuni dubii, che andaremo breve , e chiaramente spiegando .   
  1. Primieramente si può dubitare , che cosa sia quell’  astare ante Dominum . Al che si risponde , che non significa  solamente vedere la faccia di Dio e l’ essere Beati per lo godimento della divina presenza , perché questo conviene sempre à gli Angioli., o siano in Cielo o siano in terra , conforme à quello , che dice Christo Matth. 18. Videte, ne contemnatis unum ex his pusillis, dico enim vobis, quia Angeli eorum in Caelis semper vident faciem Patris mei, qui in Caelis est . Sempre sono, in Cielo , perché dovunque sono, godono la beatitudine del Cielo, che consiste  nel vedere la divina faccia .   Assistere dunque propriamente significa essere nel numero di  quelli Angioli principali , che si dicono stare sempre alla divina presenza , perché non sogliono, se non in qualche raro caso, essere da Dio mandati per opere, e ministeri esteriori.
  2. Secondo può nascere dubbio , se per questo numero definito si pone per  l’ indefinito , e  indeterminato, e tanto sia come dire: io sono uno del numero degli Angioli. Rispondo, che se bene Lirano , Hugone Cardinale e il Cartusiano dichiarano queste parole in questo senso, ad ogni modo comunemente gli espositori della scrittura le intendono, come suonano, argomentando da altri luoghi , ne’ quali si fa mentione di questi sette Angioli, come quando nel primo capo dell' Apocalisse, si dice Gratia vobis et pax ab eo qui est et qui erat et qui venturus est et a septem spiritibus qui in conspectu throni eius sunt . E nei cap. 8. del medesimo libro : vidi septem angelos stantes in conspectu Dei ,e nel cap. 15, Et exierunt septem Angeli habentes septem plagas .  Oltre che non vi essendo ragione alcuna , che ci obblighi lasciare il senso proprio , e ordinario , che ci rappresentano le parole del sacro testo, non occorre , che ricorriamo al parlare figurato , e improprio .  
  3. Terzo , si può dubitare , quali sieno li nomi di questi Angioli . Rispondo , che oltre li tre celebri , cioè Michele , Gabriele , e Raffaele , alcuni quattro altri danno li nomi seguenti, Uriel , del quale si fa mentione nel terzo, e quarto libro di Esdra , Sealtiel , il cui nome cavano dal capit. 16 della Genesi   , Jehudiel  sondando questo nome nel cap. 3 dell’ Esodo , Barachiel, nel cap. 18 della Genesi. Il nome di Michele significa, quis sicut Deus?  e quello Angelo su protettore della Sinagoga , e al presente è della Chiesa Christiana , e combatte in favore di essa contra di Lucifero Apocal. 12. Gabriele vuol dire, fortitudo Dei, fortezza di Dio, perché fa le forti guerre, & il vigore del braccio di Dio annunciò a Daniele, & alla B. Vergine. Raffaele significa, medicina Dei, medicina di Dio, perché con il fiele del pesce restituì la sanità a Tobia. Vriel, vuol dire, lux, ovvero, ignis Dei, luce, o fuoco divino: perché rischiara l'intelletto humano, con la cognitione delle cose divine, & infiamma l'affetto. Sealtiel, significa, oratio Dei, oratione di Dio, perché fa oratione per gli huomini, e li sollecita a fare essi ancora oratione. Iehudiel, è il medesimo, che confessio, ovvero laus Dei, perché stimola gli huomini alle lodi, e confessione, delle grandezze, e perfettioni diuine.  Barachiel, vuol dire, Benedictio Dei, benedittione di Dio perché procura agli huomini le diuine benedittioni, cioè li benefici di Dio, e muove gl'istessi a ringratiare, e benedire Dio per le grazie, che continuamente dalla benefica mano del Signore ricevono.   Il P. Cornelio a Lapide sopra del primo cap. dell' Apocalisse, dice, che in una Chiesa di Palermo erano questi sette Angioli dipinti, con li simboli loro propri.  S. Michele con Lucifero sottoli piedi. S. Gabriele con una facella accesa, rinchiusa dentro d'una lanterna, nella mano dritta, e nella sinistra con uno specchio di diaspro verde, asperso di alcune macchie rosse. S. Raffaele con una mano teneva un  vaso, con l'altra Tobia, che portava il pesce che doveva servire per collirio agli occhi del cieco padre. Barachiel aveva il seno pieno di rose. Iehudiel, con la destra teneva una corona d'oro, e con la sinistra vn flagello. Vriel, aveva in mano una spada sfoderata, & a piedi una fiamma di fuoco ardente. Sealtiel, era dipinto in forma di chi fà oratione: con gli occhi modestamente bassi, e con le mani giunte auanti il petto.  
  4. Quarto, si può dimandare, che autentichezza habbiamo di questi nomi, e se siano dalla Chiesa ricevuti. Rispondo, che nel Concilio Romano, che si tenne alla presenza di Papa Zaccaria, & è citato nella vita di S. Bonifacio, che si legge appresso del Surio nel mese di Giugno, e dal Baronio all'anno di Christo 745  furono riprovati, e condannati quei nomi di Angioli, che da certo Adalberto heretico, e forse mago, erano stati recitati, eletti pubblicamente in quel Concilio, eccetto l'Arcangelo S. Michaele, e gli altri furono dal Concilio stimati nomi de demoni che nel detto catalogo di Adalberto si leggevano così: Angelus Vriel, Angelus Raguel, Angelus Tubuel, Angelus Michael, Angelus Adimis, Angelus Tubuas, Angelus Sabaoth, Angelus Simihel.   Hor sentendo li Padri, in quel Concilio congregati questi nomi, & interrogati dal Pontefice del loro sentimento, e parere, così risposero: Octo nomina Angelorum, que in sua oratione Adalbertus inuocauit, non Angelorum, præter Michael, sed magis demonum nomina sunt; quos ad prestandum sibi auxilium inuocauit. Nos autem, vt a vestro sancto Apostolatu edocemur, et diuina tradit auctoritas, non plus quam trium Angelorum nomina agnoscimus, idest, Michael, Gabriel, & Raphael.   Questa fu la risposta del Concilio, alla quale quei Padri insieme con il Sommo Pontefice si sottoscrissero. Il P. Cornelio nel luogo citato dice, che il Concilio pretese solamente di risolvere, che la Chiesa non riconosceva altri nomi d'Angioli, che quei trè cioè Michaele, Gabriele, e Raffaele, che essa riceue, riverisce, & invoca, come certi, e fondati nella scrittura, e nell'antica traditione; onde degli altri niente definisce; & apporta certa rivelatione fatta al B. Amedeo dell'Ordine Franciscano, con la quale pare che si confermino li detti sette nomi degli Angioli, che al Trono di Dio assistono.  Ma noi deve fare più forza l'autorità del sacro Concilio, che è certa, di qualsivoglia tale rivelatione, della certezza della quale si può dubitare ragionevolmente. Ma lasciamo hormai la questione de nomi, già che siamo sicuri della sostanza della cosa, circa della quale occorre d'interrogare.
  5. Quinto, se questi sette Angioli siano con particolare culto, & honore della Chiesa in qualche maniera honorati.  Rispondo, che di questi sette Angioli è celebre la memoria in Sicilia, in Napoli, in Venetia, in Roma, & in altre Città d'Italia, e che in alcuni luoghi si veggono le imagini loro datte dimulaico. In Palermo Città principale di Sicilia hanno questi Santi Angioli una Chiesa dedicata in loro honore; & un pio Sacerdote chiamato Antonio Duca, Rettore di detta Chiesa, venne à Roma l'anno 1527.per promouere la diuotione verso di essi, doppo molte orationi, e digiuni si sentì inspirare da Dio, che a proposito del suo intento erano le Terme di Diocletiano, sabbri. categia con le fatiche, e sudori degli Angioli in carne, voglio dire de Christiani, che al numero di quarantamila; e di martiri che al numero di diecimila, furono condannati a lavorare in quelle fabbriche, tra li quali segnalati furono li Santi Ciriaco » Largo, Smaragdo, Sisinnio, Saturnino, e di più li Santi Marcello Papa Trasone, che animavano, e confortavano li Christiani occupati in quel lavoro vile, e faticoso e con le faculta loro si sostentavano. Di questa inspiratione, ò riuelatione satta ad Antonio Duca sisa men soprala sepoltura di lui nella Chiesa della Madonna degli Angiolide Padri Certosini, auảntil'Altar maggiore, la qual Chiesa ènelle stesseTerme di Diocletiano; le quali purgate l'anno 1551. da Monsignor Silippo Atchinto Vicario di Papa Giulio III. surono dedicate alla Madonna degli Angioli, edapoi Pio IV. ordinò a Michicl’Angelo Buonarota, chequella parte delle Terme riduceslein sorma di Chiesa, il che satto, l'istesso Pontesice l'anno 1561. alli 5.di Agosto con l'assistenza del Collegio de Cardinalila dedicò ad honore della B.Vergine:e de Santi Angioli, ela sece titolo di Cardinale, e diede il sito vicino alli Padri Certosini, che prima habitauano a S. Croce in Gierusalemme; e Papa Gregorio XIII. accrebbela diuotione di quel luogo con priuilegij, & ornamenti. Veggasiquello, chescriue il Vittorellinellibro de ministerijs Angelorum al cap.21.& il P. Pietr Antonio Spinellineltrattato desestis,Co templis Deipare,pag. 69o.&il P.Cornelio a Lapide, sopra Tversoquarto del primo cap.dell'Apocalisle, il quale aggiunge, che Don Ettore Pignatello Vicerė di Sicilia altempo di Carlo V.Imperatore, seceristorare, & ornare quella Chiesa di Palermo, dedicataalli sette Angioli, e v'instituì una Compagnia, ò Consraternita » alla quale si diede il titolo della Compagnia,