MONS. GIOVANNI FONTANA, VESCOVO DI FERRARA (1537-1611)

Carmine Alvino

Il vescovo Giovanni Fontana (1537-1611), appartiene a quella schiera di energici vescovi riformatori, figli del Concilio di Trento e intrepidi attuatori dei suoi dettati. Illustre presule originario delle terre di Vignola, Montetortore e Gaggio Montano, vicario di San Carlo Borromeo a Nonantola e a Milano e vescovo di Ferrara. Carlo Borromeo lo vuole come vicario prima all'abbazia di Nonantola e poi con sé a Milano, dopo avergli concesso una breve parentesi a Modena. Nella diocesi ambrosiana, dal 1571 è prima avvocato fiscale, poi arciprete del duomo, vicario episcopale nella Fabbrica del Duomo e protonotario apostolico. La frequentazione con il Borromeo è quotidiana e ne diviene il braccio destro. Alla morte di questi, è verosimilmente Fontana colui che gli impartisce l'estrema unzione. Gaspare Visconti succede a san Carlo nel 1585 e continua ad avvalersi di Fontana nelle medesime funzioni di vicario e arciprete del duomo, fino a quando Fontana è nominato vescovo titolare di Nicopoli coadiutore di Ferrara. Dall'inizio di maggio 1590, Fontana a Ferrara affianca il vescovo Paolo Leoni fino al 6 agosto 1590, quando con la morte di questi gli subentra a tutti gli effetti.  Nel ventennale ministero ferrarese Fontana continua fedelmente l'opera del suo maestro san Carlo, divenendone «vivissimo et naturalissimo ritratto», secondo l'attestazione non trascurabile di Giovanni Battista Possevino.  È attento alla moralità pubblica, alla formazione e all'impegno sacerdotale, alla riforma del basso ed alto clero, ai monasteri, al popolo ed alle istituzioni laicali, lavorando alla restaurazione spirituale e materiale della sua diocesi, prendendo anche seri provvedimenti disciplinari in attuazione dei decreti del Concilio di Trento. Fontana ha tutti i tratti tipici del pastore ideale tridentino: attenzione speciale per il seminario, grande cura per l'esercizio della predicazione e per l'opera dei predicatori, stima per la Compagnia di Gesù, riduzione del seguito nelle visite pastorali, valorizzazione dei vicariati foranei e delle riunioni periodiche per il miglioramento qualitativo del clero. Sviluppa il culto per le reliquie per incoraggiare i fedeli all'imitazione dei santi; aumenta il numero delle parrocchie da 85 a 100; dà prescrizioni precise circa i libri da possedere; favorisce la catechesi coinvolgendo anche i futuri sacerdoti; rilancia le confraternite del Santissimo Sacramento; istituisce confraternite laicali sotto il patrocinio di san Carlo dopo la canonizzazione del 1610; si preoccupa per il decoro degli edifici sacri e per l'accurata inventariazione della suppellettile sacra; riforma i monasteri femminili, è attento alle piaghe sociali.  Dopo una prima visita pastorale generale alla diocesi ferrarese nel 1591-1592, sembra che abbia visitato altre tre volte la quasi totalità delle parrocchie, nonostante i calcoli renali. Notevole l'attività dei sinodi diocesani. Il primo è convocato il 16 aprile 1592. Fino al 1599 sono convocati con regolare frequenza annuale, ad eccezione del 1598, per la presenza a Ferrara del papa. Per il biennio 1605-1606 si ha notizia di convocazioni sinodali, mentre per gli ultimi anni si può solo presumere, non essendocene documentazione. Muore nella villa di Contrapò il 6 luglio 1611. È sepolto nella sua cattedrale, dopo solenni onoranze funebri, nella tomba che si era fatto preparare tre anni prima e che porta un'iscrizione, probabilmente sua, molto simile a quella che Carlo Borromeo aveva predisposto per sé stesso. La lapide sepolcrale in marmo nero è ancora oggi collocata nello stesso luogo, ora di fronte al battistero collocato al posto della cappella che egli aveva eretto e dedicato ai Santi Ambrogio e Geminiano. Tra le sue opere, ricordiamo qui per noi Avertimenti per la sanità dell'anime, tratti dalla consideratione della creatione del mondo (1610), in cui si distende a parlare dei Sette Arcangeli,e seppur non riconoscendo gli altri 4 nomi, ci rappresenta che pure Michele, Gabriele e Raffaele, sono primi e non ultimi spiriti e fanno parte di questo gruppo.

Citiamo dall’interno dell’opera:

  • DEI SETTE PRINCIPALI ANGELI I QUALI ASSISTONO INANTI A DIO. Di questo primo Choro de' Serafini, sette sono i principali Angeli, che assistono inanti a Dio. Disselo vno di essi a Tobia. Ego enim sum Raphael Angelus vnus ex septem, qui altamus ante Dominum. Cioè, perciochè io sono Rafaele Angelo vno dei sette, i quali assistono inanti al Signore. Nell'Apocalipi (Iob.12. Apocal.4.) al quarto capo (oltre quel che è nel primo) è scritto: Gratia vobis,c pax ab  eo qui est, o qui erat, e qui venturus est, e a septem Spiritibus, qui in conspectu  eius sunt. Cioè, la Gratia a voi, e la pace da colui, il quale è, e il quale sarà, e il quale hà à venire, e dalis ette Spiriti, i quali sono nel cospetto di lui.  Etal capo terzo haueua detto: Hac dicit, qui habet septem Spiritus Dei,cioè è, queste cose dice, chi ha i sette Spiriti di Dio. E tal capo quinto: Vidi agnum stantem habentem cornua septem, & oculos septem, qui sunt septem Spiritus Dei emissi in omnem Terram, cioè , lo vidi l'Agnello stante, il quale haueua sette corna, e sette occhi, i quali sono i sette Spiriti di Dio, ma molti secoli inanti Dio haueua manifestato il medesimo a Zacharia: La onde hauendo questo Profeta detto al terzo, e quarto capo. Ecce lapis, quem dedit coram IESV, super lapidemum septem oculi sunt, dichiara poi nel capo quinto di chi erano questi occhi. Septem isti oculi sunt Domini, qui discurrunt in viniuersam Terram: cioè , ecco vna pietra, o  sasso, la quale diede inanti à Giesù, sopra vna pietra sono sette occhi, e questi sette sono occhi del Signore, i quali discorrono per tutta la terra. Et però anco gli significò per vn candeliere d'oro in cui erano sette lucerne, ch'erano piene d'oglio, le quali dinotavano, che questi Angeli assistenti al Trono di Dio spandeuano da quell'inesausto fonte di ogni bontà i benefici a tutta la creatura rationale: e a noi nella caligine della fede, e frà le tenebre di questa vita sono come splendidissime lampadi, le quali per mezzo degli Angeli inferiori, & ancora per mezzo di se stessi ci porgono lume. Clemente Alessandrino scrisse, Septem, quorum est maxima potentia, primogeniti, Angelorum Principes & per quos Deus omnibus hominibus prouidet: cioè ,sette sono, de quali la potenza è grandissima, Principi degli Angeli, pel mezzo de quali Iddio prouede à tutti gli huomini: Gli altri Padri Ireneo, Geronimo, Areta attestano il medesimo, mentre gli riconoscono per sette Spiriti, & Angeli distinti l' Vno dall'altro, cioè (si come i Teologi vsano di dire) sette suppositi, lasciando a parte i sensi mistici, i quali loro si danno, interpretandone i sette doni dello Spirito Santo, è anche l'istesso Spirito Santo perciochè l'assistere inanti a Dio non quadra propriamente allo Spirito Santo, ne a suoi doni; sedendo egli vguale al Padre, e Figliuolo nello stesso Trono: senza che qualhora alcuno nelle Diuine Scritture (specialmente in cosa historica)è allegato, si come di Rafaele Santo fù scritto,egli dee intendersi definitamente, e propriamente. Et S.Geronimo lodò gli Hebrei, i quali scrissero, e insegnarono, che hor questi sette Angeli, hor gli altri seruano di ministri a Dio, il quale gli manda. - Osseruò accortamente Nicolò Serrario, che il numero, e dignità di questi sette Spiriti (non già che nel numero consista alcuna virtù, è eccellenza) fosse diuinamente riuelato in quel tempo, nel quale gl'Israeliti veduta ne haueuano qualche somiglianza nella Corte dei Rè di Persia: perciochè dapo che furono vedute le Monarchie degli Assiri, de' Medi, e de Persiani, questo numero dei sette Angeli si trova nei Sacri libri degli Hebrei. Et si come presso Zacharia questi si nominano Occhi, e Corna: così appresso i Re di Persia i più principali in dignità si nominavano occhi, & orecchi. Et presso i Parthi il Re loro portaua le corna di oro sopra il capo. Et certa cosa è, che (si come Herodoto scrive) da Megabizo furono mandati i principali sette Persiani dal quale esempio per avventura hoggidì sono sette gli elettori dell'Imperio, e già in Roma sette i Diaconi delle Regioni di quella Città, che si chiamavano occhi del Vescovo, e altrettanti i Suddiaconi, e Difensori. Dei detti sette Angeli la D. Scrittura fa mentione (quanto ai loro nomi) solamente di trè, cioè è dei Santi Michele, Gabriele, Rafaele, si come anti, conomminatamente la Chiesa gli riconosce, e gli celebra hor nelle Litanie, hor in altro modo. Et quantunque è scritto il nome di Vriele in Esdra có altri due nomi di Gieremiele, e di Zachariele, come se fossero stati Angeli, quello di Uria, questo di Gieremia, & di Zacharia, nondimeno non è stato mai admesso per canonico quel libro quarto di Esdra,si come ne anti che il precedente, ch'è il terzo ne S.Ambrogio, Isidoro, Alberto Magno, l' universale Canone della Messa propria degli Ethiopi, S.Bonauentura seppero cioè che diterminò il Concilio Romano sotto Zacharia Pontefice Romano, il quale anche sottoscrisse a detto Concilio, perciochè si sarebbono astenuti dal pensiero, che Vriele fosse vno de sopranominati, o di altri Angeli del Cielo…
  • DI  S. MICHELE  ARCANGELO, E DELLA SUA PREMINENZA, E MINISTERI. Della Hierarchia de Serafini & di quei sette che assistono inanti a Dio, molti sono gli argomenti, i quali convincono, che sia S. Michele il primo, e maggiore di tutti. Ne perchè sia chiamato Angelo, è Arcangelo de pregiudicare a questa verità; poiche generalmente tutti sono nominati con  questo nome come anche con nome di virtù benchè l'Vno, & l'altro si attribuisca a particolari chori dell'inferiori Hierarchie: Meno dee pregiudicare la diversa opinione di coloro, dei quali alcuni pensarono, che fosse dell'infimo ordine, altri lo posero nel choro degli Arcangeli, altri frà quello delle Potestà, perciochè sempre più si vanno scoprendo i divini thesori a chi intentamente gli investiga, & Iddio ha i suoi tempi per rivelare i segreti della sua corte celeste, acciocché conosca ogniuno, che nò  bastano gli humani discorsi per coseguirgli, ò comprendergli tutti ad vn tempo. Che poi S.Michele di grande lunga a ciascuno de Spiriti celesti prevalga di nobiltà, e di ogni altro ornamento di scienza, è di gratia, le quali furono congiunte colla naturale eccellenza degli Angeli, Il primo argomto si trahe dalle Diuine Scritture. In Daniele Proieta si legge, che Gabriele chiamò Michele Principe, cioè è protettore della Sinagoga de' Giudei :  Michael princeps vester. Et si come allora il popolo di Dio lo hebbe per capo, e Aduocato presso Dio, cosi cessata la Sinagoga gli fù dato il carico medesimo sopra la Chiesa Christiana: Laonde l'istessa lo chiama (si come si è detto) nei publici uffici, Preposito del Paradiso, Primate del Celeste essercito, Generale di quella Militia, Prefetto per riceuere l' Anime, e  nella Messa pe i morti chiede da Dio, che Signifer S. Michael representet eas in lucem Santiam, cioè è, che l'Alfiere S. Michele le ripresenti alla santa luce. Nel chiamarsi Principe Michele da vn principale Angelo, quale era Gabriele, può con ragione stimarsi, che alludesse al Principato, che Michele teneva sopra il restante dei primi sette Principi Assistenti a Dio. Nè deroga a tanta dignità, perché egli fosse mandato da Dio a ministeri qua giù a basso perciochè non resta più luoco di dubitare, che anche del supremi ordini a tali uffici Iddio si serve, si da quel che disse S.Paolo, Nonne omnes sunt administratorij Spiritus in ministerium missi propter eos, qui hareditatem capient salutis, cioè:  Non sono eglino tutti Spiriti adminitratori mandati in ministerio per coloro i quali prenderanno l'heredità della salute? Si anco da quel ch'in Esaia leggiamo, Volauit ad me vnus de Seraphim, cioè è, volò a me vno dell'ordine de Serafini, Et però S. Bernardo scrisse Neque id cuique incredibile videatur quandoquidem ipse quoque creator, e  Rex Angelorum venit non ministrari, sed ministrare, cioè  ad alcuno paia questo essere incredibile; poiché l'isteso Creatore, Rè degli Angeli venne non ad essere ministrato, ma è ministrare. Il Secondo Argomento si deduce dalla contrapositione di S. Michele a Lucifero, perciochè, si come questo è preferito agli Angeli malvagi, cosi quegli fù preferito ai buoni. Et è la più comune sentenza de' Teologi, che Lucifero fosse nei doni di natura il più eccellente di tutti gli Angeli, si che, chi gli si oppose doveva essere ornato di sopremi doni, e che più tosto fosse dell'ordine de Serafini, i quali ardono d'amore di Dio, e di zelo, che degli ordini inferiori. Che poi Lucifero dopo la sua caduta dal Cielo fosse chiamato Cherub in Ezechiele, Tu Cherub extentus, & protegens, fù, perciochè egli perduto hauendo il nome di Seraph, che suona: ardore, & amore di Dio ritenne però la scienza delle cose, la quale è esspressa col nome di Cherub. Ben disse dunque il B. Giustiniano, Sanctis Spiritibus praelatus est Michael, sicut Lucifer malis, cioè è, Michele è preferito ai Sancti Spiriti, si come Lucifero è ai maluagi. Il terzo argomento si trae pure dalle Sacre lettere, perciochè è scritto, che Michael, et Angeli eius praeliabantur cum Dracone, et Angelis eius, ne que amplius inventus est locus eorum in coelo, cioè è, Michele, e gli Angeli suoi combatteuano col Dragone, e con gli Angeli di lui, nè più si trovò luogo di loro in Cielo. In due parti dunque si divisero gli eserciti nel Cielo, e co me quello di Satana lo hebbe per capo, si che i suoi Angeli si chiamano suoi seguaci, e da lui dipendenti, cosi Michele hebbe l'altro essercito, da cui dipendettero tutti gli Angeli buoni. Il combattimento fù per la maggior causa che fosse, ne sarà giamai, cioè è per la gloria, & intera giurisdittione di Dio, la onde Michele rinfacciando a Satana, che volle pareggiarsi con Dio la sua superbia con quelle parole, Quis vt Deus? Quisve Deus ? Chi può risomigliarsi è Dio ? mostrò che al compire la maggiore impresa conueniva il maggiore Angelo del Cielo, dalla quale gli restò il nome di Michele. Il Quarto argomento si caua dai Padri antichi, e da Teologi Scolastici, Tertulliano, Origene, S.Geronimo,S.Gregorio, L'Auttore de mirabilibus sacrae Scripturae, Isidoro S. Bernardo, il Maestro delle sentenze, e sopra lui tutti i scolastici con S. Tomasso. Veggans il Ribera, el Viegas della compagnia di Giesù, i quali sopra l'Apocalissi ne trattano dottamente. Quinto dall'uso della Chiesa, la quale ha per Maestro lo Spirito Santo: percioche nelle Litanie doppo hauere invocato la Regina del Cielo, soggiunge immediatamente l'inuocatione di S.Michele, e poi degli altri Angeli: & nella Confessione, che dal Sacerdote, e dal Chierico si fà all'altare prima della Messa subito che si è detto, Beatae Mariae Virgini, si dice, "Beato Michaeli Archangelo.  ll sesto dall'altre imprese delle quali fa mentione la D. Scrittura perciochè al suo ministerio si attribuisce l'Apparitione, nella quale a Moise apparve, & ragionò in nome di Dio, dicendo:  Io sono Iddio di Abramo, Iddio d'Isaac, iddio di Giacob: & quando Iddio diede la legge a Moisè, & prima  nell'Egitto liberando il popolo Hebreo da Faraone, e percuotendo tutti i primogeniti degli Egitti & sommergendoli nel mar rosso, e guidando pel deserto quaranta anni i Giudei in specie di Colonna, e di fuoco, e opponendosi dopo la morte di Moise al Demonio, il quale astutamente pretendeva con tenerne il corpo presente alla vista de' Giudei, fargli idolatri, e togliere l' honore a Dio. S. Michele parimente essendo già vicino il termine della captiuità del popolo Hebreo in Babilonia andò a porgergli aiuto, e a rimuovere tutti gli impedimenti della sua liberatione. Et sebbene in alcuni luoghi della scrittura, ove questi successi si narrano, non si trova espresso il nome di Michele, dee però intendersi, ch'egli principalmente fosse da Dio impiegato, ò altri, alli quali Michele manifestasse il volere di Dio, poi ch'era costituito Protettore, & Guida del popolo Giudaico, si come di sopra si è mostrato. Et perché (si come anco si è detto di sopra) s. Michele hebbe doppo il fine della Sinagoga il carico della Chiesa Christiana insino alla consommatione del Mondo, però racconta S.Pantaleone Diacono, che S.Giouanni Euangelista predicò con grande affetto nell'Asia in honore di S. Michele Arcangelo, e procurò, che sotto l'inuocatione di lui si edificasse vn Tempio. Er là nell'Oriente i Padri più celebri per Santità, e dottrina n'erano specialmente devoti, si che S. Basilio rivoltosi a S.Michele in vn ragionamento, che fece, gli disse, Tibi, è Michael, Duci superiorum spirituum, Qui qui dignitate, et honoribus praelatus ex caeteris omnibus spiritibus supernis, tibi, inquam, supplico. Ma, è nell'occidente, e particolarmente in Roma oltre le Chiese fabricate ad honore di S. Michele, è anco sotto il titolo della Regina degli Angeli, passano già mille anni, che Iddio volle illustrarne la memoria col liberare sotto Gregorio Pontefice la Città di Roma dalla peste, si che apparendo S.Michele Arcangelo sopra la mole di Adriano puose a vista di tutti la spada, che ignuda teneua in mano, dentro il fodero per significare, ch'era placata l'ira di Dio, la onde la detta mole di Adriano riceuette il nome di Castello di Santo Angelo, di cui scolpita una figura in marmo vi fu sopraposta a perpetuo spettacolo del Mondo, e a tenere viva la fede del Patrocinio, ch'egli tiene della Chiesa Catolica. Ma chi vorrà inanimirsi alla diuotione di questo glorioso Campione di Christo potrà leggere i miracoli da lui fatti, i quali da Simeone Metafraste scritti in Greco furono in lingua Latina posti dal Surio ne' suoi volumi delle Vite de Santi: Nelli quali però oltre quei, che sono auenuti nel Monte Gargano, e altrove, non debbo lasciare di inserire quì vn Santo pensiero di Biagio Viegas Teologo della Compagnia di Giesù, spiegato ne' suoi dotti commentari sopra l'Apocalipsi:  l'anno(dice egli) milledugento ventiquattro, si come S.Antonino, e S. Bonauentura nella Vita di S. Francesco attestano il detto S. Francesco fu ornato delle stigmate di Christo Signore Nostro circa il giorno dell'esaltatione della Santa Croce, e pure nell'istesso giorno che cade il mese di Settembre, perciochè nel Monte dell'Aluernia gli apparve il Seraph, il quale haueua sei ali, si come in Esaia de Serafini si legge, e rilucendo con marauiglioso splendore in forma di Christo Crocifisso delle sue piaghe gl'impresse quelle Sante stigmate. Or è molto probabile, soggiunge il Viegas, che questo Seraph fosse S.Michele, perciochè in quel tempo S. Francesco secondo il suo solito faceua la Quadragesima di S. Michele ad honore della Beatissima Vergine, e di detto S. Michele: la quale Quadragesima cominciaua dall'Assontione della Santa Madre di Dio, e finiua a punto nel giorno diS. Michele, perciochè era conueniente, che il supremo Seraph, cioè è, che quegli, il quale sopra tutti è sommamente acceso di fiamma del Diuino Amore ripresentasse in lui Christo per noi Crocifisso con eccesso di Amore. Fin qui il Viegas; al quale aggiungasi, che ragioneuole cosa era, che tutto cioè passasse per mano di S.Michele, quale preveduto haueua quanto sarebbe stata sostenuta la Chiesa cadente dalle spalle di S. Francesco della quale Chiesa l'istesso S. Michele haueua la cura, e esso S. Francesco, e' l Pontefice Romano haueuano havuto quella celebre visione. Dall'allegato luoco poi dell'Apocalipsi si raccoglie, che S. Michele nel fine del Mondo combatterà coll'Antichristo, all’hora che l'ultima guerra sarà più spaventosa di quante per l'adietro furono mai; & che però si grande impresa a chi si trouò Generale nella prima, che avvenne in Cielo,  e essendo il principale a cui è commessa la cura della Chiesa trionfante, & della Militante, principalmente frà gli Angeli buoni apparterrà d'impiegaruisi per la Vittoria. Anzi perchè per bocca del Saluator Nostro si udì, che inanti al giudicio universale precederebbe in Cielo lo stendardo della Croce, cosi con fondata ragione vno de primi Teologi, che nel passato secolo abbattette gli errori di Lutero, cioè è Giouanni Echio, lascio scritto, che S. Michele, il quale egli chiama signifero, sarebbe insieme l'Alfiere del sommo Rè, & Giudice per ispiegarlo alla vista del Mondo. Mà che?  è l'istessa Chiesa, come dianzi si mostrò, lo nomina Sanctus Michael.  Aggiungesi ch'il medesimo S.Michele col suono horribile di quella tromba citerà ciascuna creatura rationale a comparire inanti al Tribunale di Christo, & quivi datasi la sentenza finale di eterna benedittione a buoni, e di eterna maledittione ai reprobi incatenerà per sempre il Principe delle tenebre nel pozzo infernale, e egli con tutte le squadre degli eletti anderà a locarle nelle sedi vacanti del Cielo, ove con perpetuo gaudio canteranno il perpetuo alleluia. Esorta dunque il Beato Giustiniano, che ciascuno si raccommandi agli Angeli; mà specialmente a S. Michele Arcangelo.
  • DI  S. GABRIELE  ARCANGELO .Il nome di Gabriele significa huomo Dio, perciochè Geber presso gli Hebrei, vuole dire Huomo, & deriua dalla radice, Gabar, che significa roborare, vincere, preualere: La onde anco da Dottori, e da'Padri, Gabriele è chiamato Fortezza di Dio; si che dal negocio, che trattò, e dal ministero in cui fu prima impiegato, riceuette il detto nome. Vno del negocij che predicò in. frà gli altri fù sublimissimo; poiche fù mezzano frà Dio altissimo, e l' humilissima Verginella in Nazareth fra' l verbo eterno, e la nostra humana natura; Paranimfo di cosi grandi nozze, precursore dello Spirito Santo, & intimo Segretario di quel misterio ch'era stato celato negli eterni tempi, cioè  dell'Incarnatione del Verbo: Però alcuni secoli inanti fù da Dio mandato a Daniele, a cui apparve più d'vna volta, instruendolo del numero degli anni, i quali scorrerebbono insino alla venuta di Daniel insino alla venuta di Christo e gli annunciò la futura desolazione del Tempio di Gerusalemme, r della Sinagoga: Dà poi nell' ultima visione gli riuelò grandissimi segreti delle cose future insino alla persecutione dell'Antichristo, alla consommatione del secolo, e alla risurrettione del morti. Hebbe anche particolare cura, e tutela del popolo degli Hebrei, mentre ch'era incaptiuità dei Babilonij; Et S.Michele nondimeno come principale Rettore, & Tutore tanto di quegli Hebrei, quanto di tutti gli altri, ch'erano restati in Giudea, è erano dispersi in varie contrade del Mondo, venne ad aiutare Gabriele all'hora, che si auicinaua il fine di detta captiuità. Dal modo della sua Apparitione fatta a Daniele si comprendono l'eminenza dei misteri, e la dignità e qualità del suoi ministeri, Ecce (dice Daniele) vir vestitus lineis, e renes eius accincti auro obrizo, & corpus eius, quasi Chrysolitus, & facies eius, velut facies fulguris, e oculi cius, vt lapas ardens & brachia eius, e quae deorsum vsque ad pedes, quasi species aeriscandentis, e Vox sermonum eius,vt vox multitudinis: cioè , Et ecco vn huomo vestito di drappi di lino, e le reni di lui cinte di fino oro, e'l corpo di lui come vn chrisoluto, e la faccia di lui, come la faccia di vn folgore, e gli occhi di lui, come vn' ardente lampade, e le braccia di lui, o le membra di sotto insino a piedi, quasi à guisa di bronzo infiammato, e la voce dei suoi ragiona menti, come la voce di vna moltitudine. Chiamalo Scrittura Vir  cioè  Huomo, e (come simmacho tradusse) quasi vir, cioè  come buono, di cui era stato espresso il nome, cioè  Gabriele nei precedenti due capi ottauo, &nono da Daniele LaVeste di lino dinotò la purità non mai macchiata da fedità alcuna di peccato, le reni cinte di sceltissimo oro, l'ardore dell'amore, col quale gli Angeli vnitamente si stringono con Dio con vna congiuntione indissolubile e  purissima loro sapienza, per la quale intendono Dio, e l'altre cose in lui. Il Chrisolito gemma risplendente, come oro & scintillante, l'intelligenza della Dinina Scrittura & la communicatione di quel che intendono ad altri per illuminargli, e accendergli, si che nò pongono la lucerna sotto’l moggio, ma in alto, perchè riluca nella Casa di Dio. Lo Splendore, che come folgore gli vsciua dalla faccia, il terrore, e iracontra inimici di Dio, e l'eccellenza dell'Angelica gloria, la quale corusca di splendido fulgore della cognitione di Dio, e cosi anche nella Risurrettione del Signore l'aspetto dell'Angelo era come folgore. Gli occhi come lampade ardente l'acceso desiderio di conformarsi colla voluntà Diuina, e la chiarezza della notitia, che consiste nella uisione beatifica di Dio. Le braccia,e'I restante insino a piedi in guisa di bronzo ardente, la fortezza Angelica per soccorrere qualunque lo brami ,e per abbattere ogni aduersaria potestà. I piedi, la celerità, con cui speditamente si muouono, 8 vanno, ovunque conuiene, quelle celesti Menti. Il candore del bronzo, la bellezza da vna parte, e lo spauento dall'altra, si come auiene nei fatti d'armi per lo splendore, & lucidezza dell'armi. La voce come di vna moltitudine. Ti sarebbe parso (disse Teodoreto) vdendo quell'Angelo, di udire molta turba di huomini, i quali ragionasseroinsieme. Il che tutto mostra vn marauiglioso potere di spiegare i segreti celesti agli huomini, come che giuntamente il tutto seruiua ad imprimere nell'animo di lui stesso la riuerenza, e'l timore; questo colla sembianza humana; quella colla natura Angelica pei doni di natura, gratia di gloria sopra tutti i mortali. Or quasi con simile specie, e habito, Christo Signor Nostro, la cui fortezza, & eminenza fu da Gabriele significata, apparve da poi a S. Giouanni Euangelista, accioche apprendendo noi per queste cose sensibili i grandi maneggi, che passavano per le mani di questo glorioso Arcangelo, ch'èvno dei detti Angeli sette principali, sappiamo, come con grande speriza si può ricorrere a lui per hauerlo mezzano appresso il vero Forte, in cuius manibus cornua sunt,cioè è,nelle cui mani sono le corna, di ogni rabitezza, che per questo anco fà rassomigliato Iddio al Rhinocerote, sicomedi sopra si disse.
  • DELL’ ARCANGELO RAFAELE. Con ordine procede la Chiesa imitatrice della Sapienza di Dio. Però nel commemorare i trè principali Angeli Michele, Gabriele, Rafaele fa prima mentione del primo, per mostrare anche a noi il zelo,che hauer dobbiamo dell' honore di Dio; da poi di Gabriele per la fortezza; & di Rafaele per l'officiosa charità; di che questi vsando nel seruigio di Dio possono esserci esempi, e intercessori presso Dio per conseguire. Cosi Rafaele,che s'interpreta Medicina di Dio, mostrò in che Iddio l'adoperò, e lo impiega, oltre l'Assistenza, ch'egli ha inanti il volto di Dio, onde sempre riceue nuoue illuminationi, e calore dell'Amore Diuino. Dell'assistenza inanti a Dio egli stesso rese testimonio, e degli altri uffici suoi fece memoria la D. Scrittura nel libro scritto da Tobia: Ego sum, (diss'egli) Raphael Angelus vnus ex septem, qui astamus ante Domini, cioè è, Io sono Rafaele Angelo vno dei sette, i quali assistiamo inanti a Dio. Tale assistenza poi consiste, e (come scrisse S.Cipriano) tale conuersatione consiste in rimirarlo, onde ricevono somma, e eterna felicità. Et perciochè Iddio è per tutto, però, e nel Cielo Empireo, e dovunque sono mandati, no'l perdono mai di vista: da poi anche nell'esecutione de suoi commandamenti, o verso gl'inferiori Angeli, o per questo trasfondedo negli huomini i raggi delle Diuine illuminationi; oltre che assistono al Santissimo Sacrificio dell'Altare. Non dubitare (disse S. Giouan. Chrisostomo) che l'Angelo assista, quando Christus assistit, Christus immolatur, cioè è quan do Christo assiste, quando Christo si sacrifica. Attestarono, che il medesimo era auuenuto nell'oblatione a S.Gio. Chrisostomo, due antichi Scrittori Greci,l'vno de quali fu S.Nilo nell'Epistola ad Anastasio; l'altro fù Sofronio, che cita Leontio per riferitore di tal fatto. Gli altri vffici, nei quali s'impiegaua S. Rafaele, furono per offerire a Dio le buone opere, & l’orationi di Tobia il vecchio, 8 per essercitarlo in maggiori proue con procurare ogni bene alla sua famiglia, & la sanità della cecità a lui, e dare instiuttione al figliuolo, al Padre, alla Madre, alla nuova Sposa, e hauere protettione di tutti loro, e de suoi posteri. Quando sepelisci i morti, quando faceui elemosina, quando digiunaui, quando tu pregaui Dio, io (disse Rafaele) offeriuo il tutto è Dio. S. Cipriano togliendolo dal testo Greco,scrisse, Quia non es cunctatus exurgere, et derelinquere prandium tuum, sed abijsti, & sepelisti mortuum, missus sum tentare te: cioè è, quando tu non indugiaste a lieuarti,cioè lasciare il tuo pranzo; mà ti partisti, e sepelisti il morto fu mandato è tentarti, in che c'insegnò ,ch'esso, e gli altri Angeli non tentano se non per pruoua di virtù, per esercitio a nuoui meriti, & per esempio, che altrui ne deriua. Il che fanno secondando il volere di Dio, di cui è scritto, che intentator malorum est, cioè è Iddio non tenta per male. Mostrò anche Rafaele,che non solo insegnauala Teologia, cioè è quanto appartiene al culto Diuino, & alle buone opere; manco la Fisica, 8 la Medicina, qualhora l'occasione si presentò. Cosi insegnò al giouineTobia la virtù del fegato, e del fumo del pesce preso: Siche con molta ragione S.Atanasio, e S.Gio.Ghrisostomo, chiamarono gli Angeli nostri pedagoghi, & instruttori. Scriue Paolino nella Vita di S.Ambrogio, che agli orecchi di questo Santo staua tanto manifestamente vn'Angelo, che vn contumace Ariano mosso da quella vista si conuertì alla Catholica fede. Mà oltre il rimedio insegnato per curare la cecità del vecchio Tobia, haueua prima liberato il giouane Tobia dal pericolo del pesce grande, che voleua inghiottirlo, e da poi gli liberò Sara sua Spuosa dal Demonio. Misit me (disse Rafaele) vt curarem te, & Saram vxorem filij tui a Daemonio liberarem, cioè è Iddio mi ha mandato, accioche io ti sanassi, e libe rassi Sara moglie di tuo figliuolo dal Demonio. Il che moltissime volte per opera degli Angeli è auenuto, & tuttauia auiene a Vergini, a Martiri, a Religiosi, a Soldati, e ad altri. Et guai a noi,se tra i spiriti Infernali, e le figure di questa vita non ci difendessero gli Angeli beati...»